24 luglio 2020 14:40

La Croce rossa ha avvertito che la crisi sanitaria legata al covid-19 potrebbe causare, come effetto secondario, una nuova ondata migratoria. In un’intervista del 23 luglio all’agenzia France-Presse Jagan Chapagain, direttore della Federazione internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa (Ifrc), ha sottolineato che milioni di persone si sono gravemente impoverite a causa della chiusura dei confini e delle restrizioni imposte per contenere la diffusione del nuovo coronavirus. “Molti di quelli che stanno perdendo i mezzi di sostentamento saranno costretti a spostarsi quando le frontiere riapriranno”, ha detto Chapagain. “Non dovremo sorprenderci se nei prossimi mesi e anni tutto questo avrà conseguenze enormi sulle migrazioni”. Questo potrebbe causare molte “tragedie lungo la strada”, come le morti per annegamento, il traffico e lo sfruttamento di esseri umani.

La potenziale crisi migratoria può essere evitata o attenuata se si affronteranno tempestivamente i problemi che costringono le persone a lasciare i loro paesi: “Il costo di aiutare i migranti, sia durante il viaggio sia una volta raggiunto il paese di destinazione, è più alto rispetto a quello di sostenere le persone garantendogli mezzi di sostentamento, un’istruzione e modi per mantenersi in salute ”.

Uno dei motivi che possono spingere le persone a migrare, ha sottolineato ancora Chapagain, è la disponibilità dei vaccini contro il covid-19, che alcuni leader dei paesi ricchi stanno cercando di accaparrarsi: “Il virus attraversa le frontiere, quindi è miope pensare che se la propria popolazione è vaccinata, mentre gli altri non lo sono, saremo davvero al sicuro”.

Nel resto del mondo

  • In Belgio, dove nelle ultime due settimane i contagi giornalieri sono aumentati costantemente fino a tornare ai livelli di metà maggio, il governo ha deciso di fermare l’allentamento delle misure di restrizione. Le mascherine saranno obbligatorie nei locali pubblici e anche all’aperto in caso di affollamento. Il numero dei contatti ravvicinati consentiti è stato limitato a 15 persone alla settimana. Molti esperti però avrebbero preferito un intervento più deciso del governo, scrive Le Soir: “La maggior parte dei contagi è legata a focolai chiaramente identificabili: nel solo comune di Anversa si concentra il 32 per cento dei casi. Ma il Belgio è un paese piccolo e densamente popolato e i suoi cittadini si muovono molto. Un focolaio può rapidamente espandersi a macchia d’olio”.
  • In Spagna, il paese europeo con il maggior numero di nuovi casi giornalieri, le autorità si stanno concentrando soprattutto sulla vita notturna, considerata responsabile di gran parte dei contagi. A Barcellona e a Murcia i locali notturni sono stati chiusi, e altre comunità si stanno preparando ad adottare misure simili, scrive El País. Il problema è che le chiusure potrebbero mettere definitivamente in ginocchio un settore già duramente colpito dal crollo del turismo e che dà lavoro a trecentomila persone.
  • Un altro paese che sta attraversando una nuova ondata di contagi è la Repubblica Ceca, dove negli ultimi tre giorni sono stati registrati più di 700 casi. Anche in questo caso molti focolai sono legati ai locali notturni, tra cui una discoteca di Praga dove in una sola serata sono state contagiate quasi cento persone.
  • I casi di nuovo coronavirus in Israele hanno raggiunto un nuovo picco, con più di duemila nuovi contagi in un giorno registrati il 22 luglio. Il giorno seguente il parlamento israeliano ha approvato una legge che conferisce al governo poteri speciali per la lotta contro il covid-19 fino al giugno del 2021. La “grande legge del coronavirus”, com’è stata chiamata, autorizza il governo a decretare lo stato d’emergenza a causa della pandemia, a promulgare regolamenti e a mettere in atto restrizioni nello spazio pubblico e privato se si considera che esista il rischio reale di diffusione del contagio. Secondo l’opposizione e alcuni mezzi d’informazione, la legge limita il controllo del parlamento sulle decisioni del governo guidato da Benjamin Netanyahu. La sera del 23 luglio migliaia di persone si sono radunate fuori dalla residenza di Netanyahu a Gerusalemme per protestare contro la gestione della crisi sanitaria e per chiedere le dimissioni del primo ministro.
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  • Il 23 luglio il tribunale supremo della Bolivia ha rinviato per la seconda volta le elezioni presidenziali a causa dell’epidemia. Il voto era previsto il 6 settembre ed è stato spostato al 18 ottobre. L’eventuale ballottaggio si svolgerà il 29 novembre. Al momento la Bolivia è il paese dove il virus si sta diffondendo in modo più rapido. Al momento si contano 65mila contagi e 2.400 morti, ma da qualche settimana i numeri hanno cominciato a crescere a ritmo costante. Bbc Mundo spiega che il paese vive una doppia crisi, sanitaria e politica: l’opposizione, guidata dall’ex presidente Evo Morales, accusa il governo provvisorio di Jeanine Áñez di usare la pandemia per impedire il ritorno alle urne, e ha annunciato mobilitazioni.
  • Per il terzo giorno consecutivo, il 23 luglio gli Stati Uniti hanno registrato più di mille morti di covid-19, mentre i nuovi contagi giornalieri sono stabilmente intorno ai 70mila. L’attenzione è soprattutto sugli stati più grandi – come la Florida, che ieri ha segnalato il numero di morti più alto dall’inizio dell’emergenza – ma il New York Times spiega che il virus si sta diffondendo in modo particolarmente rapido in Alabama, Louisiana e Mississippi. L’Alabama il 23 luglio ha registrato il numero più alto di contagi giornalieri da quando il virus si è diffuso nello stato (2.400), mentre la Louisiana ha superato lo stato di New York per numero di casi pro capite. Gli esperti sono particolarmente preoccupati da questi dati perché Alabama, Louisiana e Mississippi sono tra gli stati più poveri del paese, con percentuali di persone senza copertura sanitaria e con livelli di povertà più alti della media nazionale. E dove inoltre i sistemi ospedalieri sono poco preparati a gestire un’impennata dei ricoveri. Lo stesso discorso vale per Missouri, North Dakota e West Virginia, che il 22 luglio hanno registrato il record dei contagi.
  • La pandemia potrebbe aver avuto un effetto positivo e inaspettato sulle nascite pretermine. Alcuni medici in Irlanda e in Danimarca hanno notato un brusco calo nel numero dei neonati nati prima della 37esima settimana. Le loro ricerche non sono ancora state sottoposte a peer-review ma sembrano supportate da quanto si è osservato in altri paesi. In Irlanda all’University maternity hospital de Limerick, l’ospedale di riferimento per 473mila persone, da gennaio alla fine di aprile del 2020 il numero dei neonati di peso inferiore a 1,5 chili è calato del 73 per cento rispetto alla media dei vent’anni precedenti. Allo Statens serum institut di Copenaghen, invece, i ricercatori hanno notato che in questi mesi il numero di bambini nati prima della 28esima settimana è calato del 90 per cento rispetto alla media dei cinque anni precedenti. Gli studiosi non fanno ancora ipotesi sulle cause esatte di questi dati, tuttavia ipotizzano che le misure di confinamento (che, per esempio, hanno ridotto enormemente gli spostamenti per andare al lavoro delle donne incinte) abbiano aiutato. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, le complicazioni dovute a nascite pretermine sono la principale causa di morte tra i bambini sotto i cinque anni di età.
  • In vista dell’autunno, il Regno Unito sta predisponendo una nuova serie di ambulatori dove sarà possibile presentarsi senza appuntamento e sottoporsi rapidamente ai test per il covid-19. Questi centri si aggiungono ai drive-in, alle unità mobili e ai servizi a domicilio per eseguire i test. Secondo una stima dell’ufficio nazionale di statistica britannico, nel paese i nuovi casi potrebbero essere in media 1.700 al giorno, ma attualmente i centri specializzati ne rilevano solo un terzo. Da oggi nel Regno Unito è obbligatorio l’uso della mascherina nei negozi, nei centri commerciali, nelle banche, negli uffici postali, nei locali che vendono cibo d’asporto e in altre attività commerciali.
  • L’uso più frequente di mascherine, guanti e altri dispositivi medici monouso pone un serio problema nello smaltimento di questi rifiuti. Secondo uno studio sull’inquinamento da materie plastiche negli oceani pubblicato il 23 luglio, se governi e aziende non prenderanno misure concrete, la quantità di plastica che finisce nei mari potrebbe triplicare entro il 2040, fino a raggiungere i 29 milioni di tonnellate all’anno. In India, come mostra un video della Bbc, lo smaltimento di questi dispositivi costituisce anche un rischio per la salute dei lavoratori.

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