14 marzo 2020 18:31

Il governo britannico vuole contenere la diffusione del Covid-19 cercando di “spalmare il picco” dell’epidemia, senza eliminarlo del tutto, attraverso l’immunità naturale che le persone acquisiranno gradualmente, ha spiegato sir Patrick Vallance, consigliere scientifico dell’esecutivo. Una strategia che si fonda sulla cosiddetta “immunità di gregge o di gruppo”, che ha sollevato un acceso dibattito dentro e fuori i confini del Regno Unito.

L’immunità di gregge riguarda solo le malattie infettive contagiose e la sua esistenza è stata dimostrata indirettamente in diversi casi come con l’eradicazione della rabbia in Germania alla fine del secolo scorso. Il concetto di fondo è che quanto più è elevato il numero di persone che non sono in grado di trasmettere una malattia infettiva (causata da un virus o da un batterio) tanto meno sarà la probabilità di essere contagiati.

Questa protezione data dal gregge si ottiene normalmente grazie a un vaccino che provoca risposte immunitarie specifiche nella popolazione, cioè la produzione di anticorpi ad hoc contro la malattia, in modo del tutto simile a come avverrebbe con l’infezione vera e propria, ma con conseguenze minime.

Raggiunto un livello elevato di copertura vaccinale il virus o il batterio responsabile della malattia infettiva non ha più a disposizione un serbatoio sufficiente per moltiplicarsi e diffondersi all’interno della popolazione, e la sua propagazione viene così bloccata.

La soglia minima dell’immunità di gregge, cioè quanti individui devono essere vaccinati per tutelare anche le persone che non sono protette (perché non possono essere vaccinate o perché non hanno sviluppato un’immunità totale con il vaccino) varia a seconda del microrganismo patogeno. Per le infezioni più diffuse, come il morbillo, è possibile considerare al sicuro l’intera popolazione quando almeno il 95 per cento di essa risulta vaccinata.

L’interruzione della catena dei contagi ha un duplice effetto: riduce sia la trasmissibilità sia la forza del ceppo infettivo. L’immunità di gregge diventa quindi determinante per arrestare la diffusione di una malattia infettiva. Ma ottenerla attraverso una vaccinazione di massa, è diverso che raggiungerla con l’immunità acquisita naturalmente, la quale passa per l’infezione vera e propria, con potenziali sintomi e complicanze più o meno gravi.

Prima di arrivare a soluzioni drastiche di distanziamento sociale, in una prima fase il governo britannico intende provare a contenere l’epidemia attraverso l’immunità che le persone contagiate svilupperanno, cercando intanto di proteggere le fasce più fragili della popolazione da una possibile infezione.

Ma nel caso specifico del nuovo coronavirus Sars-CoV-2 una strategia basata sull’immunità di gregge presenta due interrogativi importanti. Il primo è come definire la soglia d’immunità di gregge, visto che non si conosce ancora esattamente quanto sia contagioso il Sars-CoV-2. Si stima che il suo R0, il fattore “erre-zero” usato in epidemiologia per indicare il numero di persone contagiate in media da una persona infetta, sia tra 2,3 e 3. In confronto l’influenza stagionale ha un R0 di 1,3 e l’ebola di 2. Il secondo interrogativo è che non sapendo quanto dura l’immunità sviluppata dalle persone guarite, è difficile sapere a priori l’orizzonte temporale della protezione indotta dal gregge.

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