11 giugno 2020 12:18

Il 6 giugno, in un triste corollario della pandemia di covid-19, le autorità dei Paesi Bassi hanno cominciato ad abbattere migliaia di visoni, in gran parte cuccioli nati poche settimane fa. Il Sars-cov-2 ha colpito gli allevamenti destinati alla produzione di pellicce e ora il governo olandese teme che i visoni contagiati possano creare un serbatoio virale e provocare nuovi focolai d’infezione umani.

Il contagio dei visoni è uno “spillover” (salto di specie) originato dalla pandemia umana, una zoonosi in senso contrario, che offre agli scienziati olandesi la possibilità unica di studiare il modo in cui il virus si trasmette da una specie all’altra e si diffonde all’interno di una consistente popolazione animale.

Il problema è che i visoni rappresentano anche una minaccia per la salute pubblica. Le indagini genetiche ed epidemiologiche hanno confermato che almeno due allevatori hanno contratto il covid-19 dai visoni. Si tratta degli unici due casi accertati di contagio da animali. Il Sars-cov-2 può infettare anche gatti, cani, tigri, criceti, furetti e macachi, ma al momento non si conoscono casi di contagio umano originati da queste specie (il virus si è inizialmente diffuso tra gli esseri umani a partire da una specie animale non ancora identificata).

Canali di trasmissione
I primi due focolai negli allevamenti di visoni sono stati individuati il 23 e il 25 aprile in strutture che ospitano rispettivamente 12mila e 7.500 capi. Nei due allevamenti si registrava una mortalità di animali superiore alla media e alcuni visoni presentavano secrezioni nasali e difficoltà respiratorie. In entrambi i casi il virus è stato trasmesso agli animali da un dipendente infetto. Oggi il covid-19 ha colpito dodici allevamenti di visoni sui 130 complessivi dei Paesi Bassi. Quando il Sars-cov-2 raggiunge un allevamento sembra diffondersi con la rapidità di un incendio. Gli scienziati sospettano che la trasmissione avvenga tramite i droplet, l’alimentazione o le lettiere, o ancora tramite la polvere che contiene materiale fecale.

Secondo Wim van der Poel, a capo di un laboratorio sulla salute degli animali dell’università di Wageningen, la conferma che i visoni sono esposti al virus non sorprende considerando quanto siano strettamente imparentati con i furetti (sia i visoni sia i furetti contraggono anche i virus dell’influenza umana). Al pari degli esseri umani, i visoni infetti possono essere asintomatici o sviluppare disturbi gravi come la polmonite. La mortalità registrata in un allevamento è stata insignificante, mentre in un altro ha sfiorato il 10 per cento. “È strano, non riusciamo a spiegarcelo”, sottolinea la virologa Marion Koopmans del Centro medico Erasmus di Rotterdam. Casi di contagio sono stati riscontrati anche tra i gatti randagi che si aggirano negli allevamenti e rubano il cibo dei visoni. Il 18 maggio i ricercatori hanno pubblicato un articolo preliminare, un preprint, a cui nelle prossime settimane dovrebbe seguire una versione definitiva su Eurosurveillance.

Al momento sembra che il virus tenda a esaurire la sua azione all’interno dell’allevamento

I Paesi Bassi sono l’unico paese ad aver riferito casi di contagio tra i visoni. In Danimarca, primo produttore mondiale, “non abbiamo riscontrato focolai e sintomi di questo tipo”, dice Anne Sofie Hammer, docente di scienze veterinarie dell’università di Copenaghen. Lo stesso vale per la Cina, secondo produttore mondiale, come riferisce il virologo Chen Hualan dell’Accademia cinese di scienze agricole. Chen sottolinea che nella provincia dell’Hubei, la più colpita dal covid-19, non esistono allevamenti di visoni.

I focolai nei Paesi Bassi danno la possibilità agli scienziati di studiare le mutazioni del virus all’interno di una popolazione numerosa e a stretto contatto. Nel caso di altri virus animali queste condizioni innescano un’evoluzione verso forme più aggressive, perché la grande facilità di trasmissione elimina le conseguenze negative di una morte troppo rapida dell’animale ospite (l’influenza aviaria, per esempio, si diffonde solitamente in forma lieve tra gli uccelli, ma può diventare estremamente patogenica quando raggiunge un pollaio). Al momento il Sars-cov-2, pur mutando mentre si diffonde tra i visoni, non mostra alcun aumento di virulenza.

Il ricordo della febbre Q
In ogni caso i focolai olandesi preoccupano la popolazione della provincia del Brabante settentrionale, dove sono concentrati gli allevamenti di visoni. Tra il 2007 e il 2009 la fiorente industria locale di prodotti caprini provocò la peggiore epidemia umana di febbre Q. Oggi gli abitanti temono che la storia si ripeta con il Sars-cov-2 e i visoni. Tuttavia il Coxiella burnetii, batterio che provoca la febbre Q, crea spore robuste che vengono trasportate dal vento lontano dagli allevamenti e dai campi concimati con il letame di capra. Il Sars-cov-2, invece, è molto più fragile. Secondo l’epidemiologo e veterinario Arjan Stegeman, a capo delle ricerche sui focolai tra i visoni condotte dall’università di Utrecht, i campioni raccolti non hanno evidenziato alcuna diffusione del virus fuori dalle strutture che ospitano gli animali. Stegeman ribadisce che i dipendenti degli allevamenti devono indossare indumenti protettivi, ma è convinto che il rischio per gli abitanti della zona sia molto contenuto.

Al momento sembra che il virus tenda a esaurire la sua azione all’interno dell’allevamento, una volta che il 90 per cento degli animali è stato contagiato e ha sviluppato anticorpi. Questo aspetto del covid-19, combinato con la mortalità ridotta, si traduce in un rischio minore per gli allevatori rispetto all’aviaria nei polli e all’afta epizootica nei bovini.

Nonostante i contagi umani legati agli allevamenti siano stati soltanto due (su un totale di quasi 50mila casi confermati nei Paesi Bassi) il governo ha deciso di abbattere gli animali, temendo che il problema possa aggravarsi nei prossimi mesi. Le femmine di visone hanno partorito tra aprile e maggio, e di conseguenza la popolazione è sestuplicata. È probabile che i cuccioli siano protetti dagli anticorpi contenuti nel latte materno, ma in una seconda fase potrebbero essere esposti alla carica virale residua all’interno dell’allevamento. “Questo significa che rischiamo una seconda ondata di contagi in autunno”, spiega Van der Poel, sottolineando il pericolo di un aumento dei contagi tra le persone. I visoni vengono abbattuti attraverso l’inalazione di monossido di carbonio. Il governo risarcirà gli allevatori.

In questo contesto bisogna tenere presente che gli allevamenti sono comunque condannati alla scomparsa. Una legge approvata nel 2012 dal parlamento olandese vieta l’allevamento di visoni a partire dal 2024, per motivi etici. Se le analisi confermeranno la scomparsa del virus, gli allevatori potranno riprendere l’attività soltanto per tre anni. O potranno decidere di anticipare i tempi e chiudere definitivamente.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sulla rivista scientifica statunitense Science.
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