19 novembre 2018 17:48

La guerra “quasi nuova” scatenata l’11 novembre è costata la vita a sedici persone. Quattordici sono palestinesi di Gaza, uccisi dal fuoco israeliano. Sette erano combattenti di Hamas che avevano sventato l’operazione di un’unità israeliana in incognito penetrata nella Striscia di Gaza, non certo per la prima volta. Le altre sette persone, due civili e cinque combattenti, sono state uccise dal fuoco israeliano il giorno successivo. Quattro palazzi sono stati rasi al suolo.

La censura militare ha proibito di rivelare l’identità del comandante israeliano ucciso e il nome della sua unità. Una parlamentare laburista ha scritto sulla sua pagina Facebook che non si tratta di un ebreo, ma di un druso, uno che “andava bene” per morire in un’operazione militare ma comunque un cittadino di seconda classe secondo la nuova legge sullo stato nazione.

I gruppi armati di Gaza hanno lanciato circa quattrocento razzi contro le comunità israeliane più vicine, anche se la metà è precipitata all’interno dei confini di Gaza. Alcune persone sono rimaste ferite. Molti edifici sono stati danneggiati. Una persona è morta. Si tratta di un operaio edile palestinese di 48 anni di Halhul, in Cisgiordania, che condivideva un appartamento in un quartiere povero di Ashkelon. Accanto all’uomo è stata trovata una donna ferita gravemente per il crollo del tetto. Questo potrebbe spiegare perché i mezzi d’informazione palestinesi e i social network non hanno insistito molto su questa tragedia.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito il 16 novembre 2018 nel numero 1282 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero| Abbonati

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