30 ottobre 2017 11:44

Le stime variano enormemente. Trecentomila persone secondo la polizia catalana, un milione secondo le autorità spagnole. In ogni caso, a prescindere dal numero esatto di manifestanti scesi in piazza domenica a Barcellona per opporsi all’indipendentismo, è innegabile che fossero molti, moltissimi.

Non c’è da stupirsi, perché alle elezioni regionali del 2015 gli indipendentisti non erano andati oltre il 47 per cento dei voti e avevano ottenuto la maggioranza nel parlamento catalano solo grazie a un sistema che concede un vantaggio alle zone rurali. Ma se gli indipendentisti non sono in maggioranza in Catalogna, come si è arrivati a questo punto?

Perché assistiamo alla destituzione dei leader catalani e a un aumento della tensione che in qualsiasi momento potrebbe portare a uno scontro violento all’interno della quarta economia dell’Unione europea?

Mancanza di intelligenza
Alla base di questa situazione c’è tutta una serie di errori. Il Partito popolare dell’attuale primo ministro Mariano Rajoy ha avuto il grande torto di ricorrere alla corte costituzionale per far annullare, nel 2010, il nuovo statuto della Catalogna, convincendo così tantissimi catalani, che fino ad allora non erano indipendentisti, che l’unica soluzione era l’uscita dalla Spagna. Il secondo torto del Partito popolare, ancora più grave, è stato quello di non aver avuto l’intelligenza di accettare, dopo le elezioni del 2015 e la vittoria degli indipendentisti, l’organizzazione di un referendum legale che con ogni probabilità avrebbe bocciato la separazione della Catalogna.

Al contrario, Rajoy ha inviato la polizia nazionale per tentare di impedire il voto. In questo modo la destra spagnola ha sconvolto la popolazione catalana radicalizzando molti elettori. Ma i torti degli indipendentisti sono altrettanto gravi, perché la loro politica è stata quella di spingere Madrid verso la violenza per allargare il solco tra la Spagna e la Catalogna e rendere l’indipendenza inevitabile alimentando l’odio.

Su entrambi i fronti si rifiuta il compromesso

Costruito con il disprezzo per le altre regioni della Spagna e con il desiderio di sottrarsi alla redistribuzione delle ricchezze tra tutti gli spagnoli, l’indipendentismo catalano non ha nulla di particolarmente seducente, anzi è deprecabile quanto l’evidente volontà di Madrid di piegare il nazionalismo catalano invece di prendere atto di un sentimento che la Spagna potrebbe tranquillamente tollerare senza rischiare di spaccarsi.

Su entrambi i fronti si rifiuta il compromesso, e anche se le elezioni che Madrid organizzerà a dicembre segnassero un arretramento degli indipendentisti non rappresenterebbero una soluzione reale. Per evitare che la ferita si infetti irrimediabilmente serve un negoziato, e a imporlo devono essere le grandi capitali europee.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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