21 ottobre 2019 16:26

Quando torno dal lavoro passo la serata ad aiutare i miei figli, che fanno le medie, alle prese con una sproporzionata quantità di compiti. Ti sembra sensato? –Romina

Le lamentele dei genitori nei confronti dei troppi compiti hanno radici antiche. “Il bambino viene fatto studiare molto, molto al di sopra della sua capacità fisica e, di conseguenza, del suo benessere mentale”, scriveva nel 1900 Edward Bok, direttore della rivista Ladies’ Home Journal. Nell’articolo, intitolato “Un crimine nazionale compiuto sotto gli occhi dei genitori americani”, Bok chiedeva che “a nessun ragazzino con meno di 15 anni siano assegnati compiti a casa di alcun genere”.

Il suo appello fece scalpore e, nelle settimane successive, migliaia di genitori americani scrissero agli insegnanti per dire che non avrebbero più permesso ai figli di studiare fuori da scuola. Quella rivolta però non è diventata una rivoluzione e oggi, oltre un secolo dopo, gli studenti sono ancora alle prese con una quantità sproporzionata di compiti. E senza una risposta alla domanda: “Quanto servono allo studio?”. Mentre la maggioranza degli esperti è d’accordo che i compiti non aumentano il rendimento dei bambini alle elementari, per le superiori le varie teorie si riassumono in una parola: dipende.

Dall’età dei ragazzi, dal contenuto dei compiti, e dalla quantità. I compiti non devono superare quel limite di cui parlava Bok. E sarebbe davvero ora di riaprire una discussione pubblica tra esperti, genitori e scuola per capire quale sia un carico proporzionato alle capacità fisiche e al benessere mentale dei ragazzi. E dei loro genitori.

Questo articolo è uscito sul numero 1329 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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