30 maggio 2017 18:11

Più che la vita, si è allungata la vecchiaia. I genitori si accampano nell’esistenza dei figli per così tanto tempo che la decrepitezza dei primi è incalzata da quella dei secondi. Settantenni fintamente giovani obbediscono sbuffando alle voci stizzose di novantacinquenni fintamente arzilli. E perfino la certezza che si è mortali tarda ad arrivare perché, non uscendo di scena la vecchia generazione, la nuova si comporta fin sotto gli ottant’anni come se ne avesse quindici e fosse destinata a vivere in eterno sopportando con esibito amor filiale il peso sempre più insopportabile dei genitori.

Non morire mai in quanto padre e invecchiare nel ruolo di figlio ci costringe a modificare miti una volta buoni per tutte le stagioni. Oggi Edipo, per quanto si provi ad ammazzare Laio e a diventare re di Tebe, se lo ritrova sempre in città che mette bocca, traffica, fa il miles gloriosus con veterani inaffidabili e gli guasta non solo le grandi imprese ma perfino le grandi colpe. Non parliamo poi di Telemaco. Accogliere devotamente i consigli del genitore fin oltre i settant’anni è dura. Da ragazzo aveva ancora la forza di tendere l’arco e avrebbe potuto sterminare i Proci, se Odisseo, il padre, non gliel’avesse proibito con un’occhiataccia del tipo: stai al posto tuo, tocca a me stravincere. Ora padre e figlio sono due anziani litigiosi al tavolo dei Proci che se la spassano.

Questa rubrica è stata pubblicata il 26 magio 2017 a pagina 12 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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