14 novembre 2017 15:50

Oggi la scuola di Barbiana, invece della vecchia Lettera a una professoressa, scriverebbe un’email, ma non sarebbe meno sovversiva (l’aggettivo è preso da Vanessa Roghi, La lettera sovversiva). La ragione? È la stessa di cinquant’anni fa: la disuguaglianza. Ma con qualche ulteriore complicazione.

La scuola oggi non solo non giova agli svantaggiati, che don Milani chiamava Gianni, ma non dà soddisfazione nemmeno ai cromosomi dei Pierini. La prima cosa infastidisce perché con i Gianni non si può più tagliar corto bocciandoli a valanga. La seconda scandalizza e induce a prendersela con il prete di Barbiana perché, avviando la dissoluzione della buona scuola di una volta (quella ereditata dal fascismo e variamente rappezzata), di fatto avrebbe impedito un vecchio solido rito: la trasformazione dei Pierini in colta classe dirigente.

Ma don Milani è stato, ed è, un bersaglio di comodo. La verità è che s’è fatto poco per un’istruzione generalizzata di qualità (leggere Christian Raimo, Tutti i banchi sono uguali) e la nostra vecchissima istituzione scolastica, privata del suo modo di punire e premiare, fa sempre più fatica a stare in piedi. A un’email da una nuova Barbiana, oggi farebbe bene a lavorare anche Pierino. Solo in una scuola ripensata da cima a fondo contro le disuguaglianze, si capisce se si vale sul serio qualcosa.

Questa rubrica è stata pubblicata il 10 novembre 2017 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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