24 ottobre 2019 14:18

Ha scritto Teju Cole a proposito delle proteste di queste settimane in giro per il mondo:

“Le manifestazioni sono gesti profetici. In un certo luogo, una manifestazione immagina un cambiamento fino a quel momento ritenuto inimmaginabile. Da sola non genera né può generare quel cambiamento, ma rappresenta un’immagine concreta e collettiva del cambiamento che verrà. Ricostruisce un ‘noi’. Quell’immagine si ottiene a un costo altissimo e a volte spaventoso per i manifestanti. Ma è un costo che sopportano volentieri perché l’alternativa – rimanere soffocati, senza voce e senza prospettive – è molto meno sopportabile.

“È desolante leggere i giornali e ascoltare i notiziari sulle manifestazioni. I mezzi d’informazione raccontano solo quello che rientra nei limiti della loro immaginazione, concentrandosi sui vetri rotti, gli edifici incendiati e le interruzioni del traffico. Ignorano l’intensità e le dimensioni della lenta violenza che ha portato a compiere quei gesti simbolici di disturbo in una manifestazione (che solo in minima parte è davvero violenta). Il linguaggio dei mezzi d’informazione – che è un linguaggio mediato – riecheggia, frase per frase, quello dello stato.

“Sono d’accordo con John Berger, che nel 1968 scriveva: ‘Di solito le autorità statali mentono sul numero di manifestanti. Questa menzogna, tuttavia, non cambia di molto le cose. L’importanza dei numeri si trova nell’esperienza diretta di quelli che vi partecipano o che vi assistono con simpatia. Per loro i numeri cessano di essere tali e diventano la dimostrazione dei loro sentimenti, l’esito della loro immaginazione. Più persone manifestano, più potente e immediata (visibile, udibile, tangibile) diventa la metafora della loro forza collettiva. (…) È nella natura delle manifestazioni attirare su di sé la violenza. E possono farlo anche in modo violento. Ma alla fine sono destinate a subirne di più di quella che infliggono. È una verità tattica e storica. Il ruolo storico delle manifestazioni è mostrare l’ingiustizia, la crudeltà e l’irrazionalità dell’autorità statale del momento’”.

Questo articolo è uscito sul numero 1330 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it