19 luglio 2017 12:08

Anche quando non accade granché, i giornali hanno bisogno di pubblicare notizie se vogliono continuare ad attirare pubblicità. Quindi mi ha fatto abbastanza piacere notare che si erano perse le tracce dei presidenti di due stati africani, Nigeria e Zimbabwe: entrambi stavano passando buona parte del tempo in ospedale all’estero, mentre i loro portavoce negavano che ci fosse qualcosa che non andava.

La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa, nonché la principale economia del continente. Lo Zimbabwe è orribilmente povero e completamente al verde, ma il suo presidente Robert Mugabe è il leader africano che detiene il potere da più tempo. Mi bastava perciò intitolare l’articolo “Presidenti assenti”, scrivere alcuni pensieri arzigogolati su temi come il potere assoluto e l’irresponsabilità, e me ne sarei potuto tornare a casa presto.

C’erano anche un paio di gustose citazioni con cui cominciare. Uno dei sostenitori del presidente nigeriano Muhammadu Buhari, il senatore Shehu Sani, ha pubblicamente avvertito che “le preghiere per il re Leone assente sono finite. Adesso le iene e gli sciacalli si stanno organizzando e complottano tra loro a bassa voce. Ancora senza sapere se il re Leone tornerà o meno”.

Deliziosamente “africano”
La moglie del presidente Buhari, Aisha, ha dichiarato, sempre in pubblico, che sarebbe presto tornata a casa per fare le pulizie: “Dio ha esaudito le preghiere degli animali più deboli. Iene e sciacalli saranno presto cacciati fuori dal regno”. Che cosa deliziosamente “africana”. L’articolo si scrive praticamente da solo. Niente di più semplice.

Troppo semplice, sfortunatamente, perché offre tutti gli stereotipi possibili sui presidenti africani inetti che si attaccano al potere per troppo tempo, portando alla rovina i loro paesi.

Ma in realtà né Buhari né Mugabe sono dei ladri (anche se lo stesso non si può dire per alcune persone del loro seguito). La malattia di Buhari è davvero una sciagura per il suo paese, mentre una eventuale scomparsa di Mugabe non sarebbe a questo punto una tragedia per il suo sfortunato paese.

La vita di Robert Mugabe è stata degna di una tragedia. Ha guidato la lotta per l’indipendenza dello Zimbabwe e un tempo era addirittura paragonato al sudafricano Nelson Mandela, un uomo saggio e generoso che ha ceduto la presidenza dopo solo cinque anni al potere per fare spazio alla generazione successiva.

Il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe a Matobo, nella provincia del Matabeleland Meridionale, il 25 febbraio 2017. (Jekesai Njikizana, Afp)

Ma per quanto sia stato abile, Mugabe non è mai stato saggio. Nei primi anni del suo governo lo Zimbabwe è fiorito, registrando alti livelli d’istruzione e di vita, ma ormai è al potere da 37 anni e le sue azioni sempre più arbitrarie hanno mandato allo sfascio l’economia. Poche persone hanno davvero un lavoro, l’iperinflazione ha distrutto la moneta nazionale e circa un quarto della popolazione è emigrato in cerca di lavoro, perlopiù in Sudafrica.

Mugabe ha oggi 93 anni, ma dice di voler vivere e comandare finché ne avrà cento, e si presenterà sicuramente alle elezioni del prossimo anno, che saranno come al solito truccate. Sua moglie, Grace Mugabe, sostiene che dovrebbe candidarsi come “cadavere” se dovesse morire prima delle elezioni (ma potrebbe decidere di candidarsi direttamente lei stessa).

E quindi il fatto che Mugabe si trovi attualmente in ospedale a Singapore, per la terza volta quest’anno, non causa una diffusa costernazione in Zimbabwe. I capi dell’opposizione si lamentano del fatto che “diriga lo spettacolo dal suo letto d’ospedale”, ma non si preoccuperebbero se dovesse morire. Pensano infatti che niente sia peggiore di avere ancora Mugabe al potere. Però potrebbero sbagliarsi. La lotta per il potere, quando morirà davvero, potrebbe rivelarsi molto violenta.

Se Robert Mugabe è un classico caso di brava persona diventata cattiva, Muhammadu Buhari potrebbe essere l’esatto opposto. Assurto per la prima volta agli onori della cronaca come uno dei tanti dittatori militari della Nigeria, ha preso il potere nel 1983, perdendolo nel 1985. La cosa che lo distingue dagli altri è che ha effettivamente lottato contro la diffusa corruzione che ha mantenuto in povertà la maggioranza dei 180 milioni di abitanti della Nigeria.

Buhari, che si definisce un “convertito alla democrazia”, si è candidato alla presidenza senza successo nel 2003, 2007 e 2011, prima di vincere infine le elezioni nel 2015. In molti speravano che sarebbe stato la persona finalmente capace di frenare la corruzione. Probabilmente sarebbe potuto esserlo davvero, ma non è successo. Anzi, gli sono serviti sei mesi per nominare i suoi ministri.

Con il senno di poi appare probabile che Buhari si sia ammalato poco dopo essere salito al potere, e che sia stato seriamente distratto dai suoi problemi di salute dalla metà del 2016. Da gennaio ha passato più di metà del suo tempo a Londra per farsi curare e non si fa vedere in pubblico dall’inizio di maggio. Nonostante sua moglie assicuri il contrario, è improbabile che possa essere ancora in grado di guidare il paese.

La cosa non è necessariamente un disastro per la Nigeria: i cimiteri di tutto il mondo sono pieni di uomini indispensabili. Ma potrebbe essere un’opportunità perduta, perché Buhari sembrava davvero determinato a fare quel che diceva. Speriamo che vada meglio la prossima volta.

Ecco qua. Come vedete sono riuscito a tirare fuori un articolo da tutto questo, in fin dei conti.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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