02 febbraio 2012 00:00

Il 20 gennaio, un’ora dopo la conclusione del diciassettesimo dibattito di queste interminabili primarie repubblicane, Stuart Stevens, lo stratega della campagna elettorale di Mitt Romney, se ne stava in una saletta semivuota di un hotel di Charleston a lavorarsi i giornalisti. “Sto pensando di darmi fuoco”, ha detto, esasperato dalla quantità di dibattiti che i candidati devono affrontare. Romney non era andato benissimo e il suo principale avversario, Newt Gingrich, aveva trionfato avviandosi alla vittoria in South Carolina. Sfumato il sogno di far arrivare Romney imbattuto alla sfida con Obama, Stevens e i suoi sono passati all’attacco, sostenendo che Gingrich non ha nemmeno organizzato una campagna elettorale: si limita a presentarsi ai confronti in tv.

“Ci sono troppi dibattiti”, ammette l’ex presidente del partito repubblicano in South Carolina, Katon Dawson. Il suo candidato, il texano Rick Perry, si è ritirato dopo una serie di gaffe in tv. “È come un reality show sul partito repubblicano”. E proprio come nei reality, la trama è imprevedibile. Il dibattito numero 18 non è andato molto bene per Gingrich, quindi per quello successivo di Jacksonville, in Florida, Stevens ha chiamato un nuovo coach e ha deciso di dare fuoco a Gingrich, invece che a se stesso. Resta solo da chiedersi quanto andrà avanti questo spettacolo.

*Traduzione di Fabrizio Saulini.

Internazionale, numero 934, 3 febbraio 2012*

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