10 ottobre 2019 16:07

1. Gabriele Poso, Africa linda
Finalmente quel tocco di Latin house condito di jazz, con un assolo di violino elettrico lì in mezzo, un andamento ballabile da club tropicana, il senso afrocubano delle percussioni e le chitarre costariqueñe, tutto imparato dal vero dal protagonista, una vita a migrare verso sud (dalla Sardegna a Lecce all’Avana) riversando tutto nell’album Batik, un calorifero semiacustico per tenere a bada il freddo. Buona l’alternanza di jam strumentali e pezzi cantati con il soul singer di turno. Pure all’etichetta britannica Soundway è sembrata una cosa internazionale.

2. Jennifer Gentle, What in the world
Ed eccolo lì, il suono di un italiano di mondo. Ma un mondo retrò, con quel basso un po’Je t’aime moi non plus, armonie di ballad beatlesiana, sapienza nel ricombinare atmosfere. I Jennifer Gentle sono un parto della mente di Marco Fasolo, italiano in gita psichedelica attraverso epoche musicali, e sono approdati alla Sub Pop, cream of the indie crop. Il nuovo album è frutto di due anni di studio, inserti elettronici e armonie celesti, cose caleidoscopiche funky drummer e tonfi techno. Mai banale eppure capace di navigare al largo dalle astruserie.

3. Frank Sinatra, That’s life
Ricapitoliamo: sono stato un pupazzo, un poraccio, un pirata, un poeta, una pedina e un re! E ogni volta sbatto il muso per terra, mi rialzo, e rientro in corsa. Forte, no? Per gli intenditori, la cosa da notare di questa interpretazione di Sinatra (ora riportata in auge dal Joker cinematografico di Joaquin Phoenix) è come lui la canti rabbioso, quasi indispettito per essere stato costretto a ripeterla dal produttore Jimmy Bowen. Nel 1966, con il più grande crooner italoamericano di mondo al top, era sempre “bona la prima”. Ma così va il mondo, signori.

Questo articolo è uscito sul numero 1328 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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