12 dicembre 2018 11:58

Il quotidiano conservatore tedesco Die Welt ha rivolto al presidente francese Emmanuel Macron la critica più dura dopo le concessioni fatte ai gilet gialli: “Il presidente trasforma la Francia nella nuova Italia”, facendo “correre un rischio all’euro”, scrive il giornale.

Per Macron, che ha fatto della sua credibilità europea, soprattutto in Germania, uno degli assi portanti della sua politica, è un boccone amaro, anche perché trova un’eco beffarda proprio in Italia, all’interno del governo di coalizione populista di estrema destra con cui il presidente francese si è scontrato spesso negli ultimi mesi.

Luigi Di Maio, vicepremier italiano e leader del Movimento 5 stelle, non ha perso l’occasione dopo gli annunci del 10 dicembre: “Si aprirà anche un caso Francia dopo il caso Italia, se le regole valgono per tutti”. Per l’Italia i problemi di Parigi sono una manna dal cielo in pieno braccio di ferro tra Roma e Bruxelles sulla manovra italiana che determinerebbe un deficit superiore alle previsioni.

Sulla scena europea stiamo assistendo alla banalizzazione di Emmanuel Macron

Al centro di tutto c’è il famigerato tetto del 3 per cento: gli annunci di Macron minacciano di portare il deficit francese l’anno prossimo al 3,4 o al 3,5 per cento del pil, contro il 2,8 previsto, quando il presidente francese aveva fatto di tutto, nel 2017, per scendere al di sotto della soglia fatidica.

La Francia si è sottratta solo quest’anno alla procedura europea per deficit eccessivo, in vigore dal 2009: una macchia sulla credibilità europea del paese soprattutto dalla prospettiva della Germania, guardiana dell’ortodossia finanziaria e il cui bilancio è addirittura in eccedenza.

Bruxelles ha annunciato che osserverà da vicino l’impatto delle misure sul bilancio 2019. Solo pochi giorni fa, il commissario europeo all’economia Pier Moscovici si era mostrato conciliante quando il ministro del bilancio francese Gérard Darmanin aveva dichiarato che non esiste un paradiso al 2,9 per cento e un inferno al 3,1. Ma ora siamo ben al di là della soglia, fatta salva una frenata violenta alla spesa pubblica.

L’argomento è tanto più delicato se consideriamo che Macron non appartiene al campo di quelli che vorrebbero cancellare il limite del 3 per cento imposto dal trattato di Maastrich. Il presidente francese, comunque, sa perfettamente che non si possono cambiare le regole quando fa comodo.

Alla casella di partenza
L’impatto di questa situazione è prima di tutto politico. Sulla scena europea stiamo assistendo alla banalizzazione di Emmanuel Macron, accostato ai suoi predecessori che hanno fatto un passo indietro davanti alla protesta e non hanno mantenuto gli impegni presi.

Il presidente francese era già indebolito dalla sua incapacità di coinvolgere i partner nella sua visione del rilancio europeo presentata più di un anno fa nel discorso alla Sorbona. L’appoggio tedesco, su cui contava più di ogni altra cosa, gli è sostanzialmente mancato.

È un ritorno alla casella di partenza per un presidente di cui i partner europei mettono in dubbio la capacità di riformare la Francia, passata in poche settimane da bastione contro il populismo a paese in pericolo. Per Emmanuel Macron il cammino verso la riconquista della credibilità sarà molto lungo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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