17 aprile 2019 16:32

Negli ultimi giorni in Iraq è cominciata una campagna per espellere dalle città le milizie che le hanno liberate dal gruppo Stato islamico (Is). I leader politici sunniti denunciano che la presenza militare delle Forze di mobilitazione popolare (note come Hashd, e in prevalenza sciite) in città come Mosul sta creando gli stessi problemi che portarono all’occupazione da parte dell’Is nel 2014.

Lo sdegno è cresciuto soprattutto dopo la tragedia in cui un centinaio di persone sono morte nel naufragio di un traghetto nel fiume Tigri, nelle vicinanze di Mosul. Il proprietario del battello ha rivelato che uno dei leader delle milizie sciite era suo socio in affari nella gestione del servizio. L’ex vice primo ministro Saleh Mutlaq in una dichiarazione ha parlato delle mazzette che i cittadini devono pagare alle milizie Hashd ai posti di blocco e nei mercati, denunciando che i leader locali del gruppo armato sarebbero protagonisti di corruzione e traffici illeciti. Mutlaq, insieme ad altri deputati sunniti al parlamento, ha chiesto al governo di trasferire le truppe di Hashd al di fuori della città.

I rappresentanti delle milizie in parlamento hanno reagito agli attacchi, accusando i loro detrattori di essere in combutta con gli Stati Uniti in una guerra psicologica che ha l’obiettivo di indebolire Hashd in Iraq e rafforzare la presenza americana. Il rappresentante del gruppo paramilitare Asaib Haq Karim Nouri ha affermato che “la richiesta di ritirare le nostre forze dalla città è parte della guerra americana all’Iran e di una strategia di Washington che mira a estendere il controllo delle proprie truppe sull’Iraq”.

(Traduzione di Francesco de Lellis)

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