La difesa civile della Striscia di Gaza ha affermato che quattro attacchi condotti dall’esercito israeliano il 12 dicembre hanno ucciso almeno trentatré persone, tra cui dodici agenti incaricati di garantire la sicurezza dei camion con gli aiuti umanitari.

“Sette agenti sono stati uccisi in un attacco a Rafah e altri cinque in un attacco a Khan Yunis”, due città nel sud della Striscia, ha dichiarato all’Afp Mahmoud Bassal, portavoce della difesa civile.

“I camion, carichi di farina, erano diretti ai magazzini dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa)”, ha aggiunto.

Secondo Bassal, circa trenta persone, tra cui molti bambini, sono rimaste ferite nei due attacchi.

Nella Striscia di Gaza è in corso una catastrofe umanitaria dopo più di quattordici mesi di guerra.

Il 12 dicembre l’aviazione israeliana ha preso di mira due edifici vicino al campo profughi di Nuseirat (centro) e nella città di Gaza (nord), ha affermato Bassal.

“Quindici persone, tra cui almeno sei bambini, sono morte vicino al campo profughi e altre sei a Gaza”, ha aggiunto.

L’esercito israeliano è impegnato da settimane in un’operazione nel nord della Striscia di Gaza il cui obiettivo “è impedire ad Hamas di riorganizzarsi”.

Secondo le autorità di Hamas, l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ha causato finora la morte di 44.835 persone. L’attacco di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre ha invece causato almeno 1.208 vittime in Israele, secondo un conteggio dell’Afp basato sugli ultimi dati israeliani disponibili.

Intanto, l’11 dicembre l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che chiede un cessate il fuoco immediato e incondizionato a Gaza.

La risoluzione, approvata tra gli applausi con 158 voti favorevoli, nove contrari (tra cui Israele e Stati Uniti) e tredici astensioni, chiede “un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente” e “il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi”. Il testo è molto simile a un altro presentato qualche settimana fa al Consiglio di sicurezza e bloccato dal veto statunitense.