05 marzo 2015 17:56

È il 1972 quando Masayoshi Sukita nota il manifesto di un concerto di David Bowie a Londra. È un colpo di fulmine e, anche se non ha mai ascoltato la sua musica, decide di andare a vederlo. “Guardare David Bowie sul palco ha spalancato i miei occhi sul suo genio creativo. E la sua esibizione con Lou Reed è stata così potente da farmi capire che era diverso da ogni altro artista e che avrei dovuto fotografarlo a ogni costo”, racconta Sukita.

Qualche tempo dopo, grazie a un’amica, riesce a presentare il suo portfolio al manager di Bowie e in quell’estate lo fotografa per la prima volta. È l’inizio di una relazione professionale e di amicizia durata per più di 40 anni, tra viaggi in giro per il mondo, appuntamenti e feste con grandi artisti della scena culturale e musicale internazionale.

Masayoshi Sukita è nato in un piccolo paese giapponese nella regione di Kyushu, nel 1938. Ha perso suo padre durante la seconda guerra mondiale in Cina, quando aveva sette anni, ma conserva vivo il ricordo del genitore che lo fotografava. Da ragazzo andava spesso al cinema, soprattutto con suo zio, e confessa di essere stato molto influenzato dalla settima arte nel suo modo di scattare.

Dopo il liceo ha frequentato per due anni una scuola di fotografia, prima di diventare assistente di un fotografo e poi di entrare a far parte di un’agenzia pubblicitaria a Oasaka. Nel 1965 si è trasferito a Tokyo per lavorare nella moda e tra il 1970 e il 1971 ha fatto viaggi frequenti a New York, attirato dall’ambiente culturale artistico.

Gli alter ego di David Bowie, colti dallo sguardo di Sukita, sono in mostra alla galleria Ono Arte di Bologna, fino al 10 maggio 2015. L’esposizione raccoglie quaranta ritratti, tra cui il più famoso, scattato nel 1977, che è diventato la copertina dell’album “Heroes”.

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