Se dovessimo segnare sul calendario la fine del servizio pubblico così come lo intesero i padri fondatori, la data coinciderebbe con la chiusura del programma per bambini Melevisione, nel 2015. Linguaggio accurato, intenzioni pedagogiche e suggestioni teatrali a disegnare un mondo popolato da folletti, regine e orchi. All’ombra della favola gli autori e i dirigenti affrontavano temi come l’ambiente, i privilegi, la diversità, persuasi che sì, sono bambini ma non per forza scemi. Una puntata del 2003, riemersa in queste settimane di stupri collettivi, era dedicata agli abusi sessuali. “Attenzioni sbagliate” fu l’espressione suggerita dagli psicoterapeuti. In Il segreto di Fata Lina, la protagonista, grazie a Tonio Cartonio, prima si esprime con il disegno di grandi mani su un corpo femminile, e poi rivela: un soldato di re Quercia l’ha molestata. L’amico la rassicura, insiste sull’immotivato senso di colpa e si raccomanda di parlarne affinché “questi brutti ricordi non abbiano più il loro potere della paura”. Gli autori avevano scelto con cura le parole, dilatando i tempi dei dialoghi perché il messaggio arrivasse senza infingimenti. Seguirono incontri nelle scuole e laboratori. Sui social girano frammenti della puntata (visibile per intero su RaiPlay) e centinaia di commenti delle persone che quel pomeriggio sgranarono gli occhi nel vedere il popolo di Fantabosco dare voce a qualcosa che in molte conoscevano benissimo. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1527 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati