Lenin morì il 21 gennaio 1924, cent’anni fa. Anche se molti aspetti del rivoluzionario russo oggi ci appaiono discutibili, una sua caratteristica è più attuale che mai: il pragmatismo di principio. Ricordate il suo famoso motto: “Analisi concreta della situazione concreta”? Significa che bisogna evitare la doppia trappola della lealtà dogmatica a una causa e dell’opportunismo senza princìpi: in una situazione in rapida evoluzione, l’unico modo di restare realmente fedeli a un principio – cioè “ortodossi” nel senso positivo del termine – è cambiare con spregiudicatezza la propria posizione di fronte all’evolversi dei fatti.

Con un atteggiamento propriamente leninista, lo scrittore G.K. Chesterton affermava che, lungi dall’essere noiosa, monotona e sicura, la ricerca della vera ortodossia è la più audace e insidiosa delle avventure: la facile conclusione revisionista secondo cui le mutate circostanze storiche esigono un “nuovo paradigma” richiede molto meno rischio e sforzo teorico, e molto più opportunismo passivo e pigrizia teorica. “La gente ha acquisito la stolta abitudine di parlare dell’ortodossia come di qualcosa di pesante, monotono e sicuro. Non c’è mai stato niente di così rischioso o di così emozionante come l’ortodossia”, sosteneva l’autore britannico.

La fase eroica della resistenza popolare all’invasore russo si è conclusa. L’Ucraina dovrebbe riorientarsi verso la guerra a distanza

Quando, nel 1922, dopo aver vinto contro ogni aspettativa la guerra civile, i bolscevichi dovettero ripiegare sulla Nep (la Nuova politica economica, che consisteva nel tollerare un margine molto più ampio per l’economia di mercato e la proprietà privata), Lenin scrisse un breve testo intitolato A proposito dell’ascensione sulle alte montagne”. Nell’articolo usava la metafora di uno scalatore che deve ritirarsi a valle dopo un primo tentativo di raggiungere una vetta per descrivere cosa significa la ritirata in un processo rivoluzionario, vale a dire come si arretra senza tradire la propria lealtà alla causa.

Dopo aver elencato i successi e i fallimenti dello stato sovietico, Lenin conclude: “Non sono perduti (e con tutta probabilità non lo saranno mai) quei comunisti che non si lasciano andare né alle illusioni né allo scoramento, conservando la forza e l’elasticità del proprio organismo per ‘ricominciare daccapo’ più e più volte la marcia di avvicinamento verso un obiettivo difficilissimo”.

Per dirla con il filosofo e teologo danese Søren Kierkegaard, dal quale i marxisti potrebbero imparare tanto, la rivoluzione non è un processo graduale ma un movimento ripetitivo, che consiste nel ripartire continuamente dall’inizio. E questo è esattamente il punto in cui siamo oggi dopo la caduta del muro nel 1989 e la conclusione definitiva dell’epoca iniziata con la rivoluzione d’ottobre del 1917. Bisogna quindi rifiutare la continuità con tutto quello che la sinistra ha significato negli ultimi due secoli. Anche se momenti sublimi come il culmine giacobino della rivoluzione francese e la rivoluzione d’ottobre resteranno per sempre una parte fondamentale della nostra memoria, quella storia è finita per sempre. Bisogna ripensare tutto, ripartire da zero.

Questi spunti sono tanto più importanti oggi che il capitalismo globale agisce come l’unica forza rivoluzionaria, mentre quello che resta della sinistra è ossessionato dalla difesa delle vecchie conquiste dello stato sociale. Basta pensare a quanto il capitalismo abbia cambiato la forma delle nostre società negli ultimi decenni.

Uno dei rari teorici e politici ad aver coraggiosamente tratto le conseguenze dalle recenti trasformazioni del capitalismo globale è Yanis Varoufakis, economista ed ex ministro delle finanze greco nel governo Tsipras.

L’unico modo di restare fedeli a un principio è cambiare con spregiudicatezza la propria posizione di fronte all’evolversi dei fatti

Varoufakis ha fatto una serie di riflessioni innovative: il capitalismo si sta trasformando in tecno-feudalesimo, per questo la tradizionale retorica anticapitalista sta perdendo efficacia. Dobbiamo abbandonare la socialdemocrazia e la sua idea centrale di uno stato sociale di sinistra liberale. Con un approccio autenticamente leninista, Varoufakis parte dal fatto che l’oggetto della nostra analisi critica (il capitalismo) sia cambiato, quindi anche noi che lo critichiamo dobbiamo rinnovarci insieme a esso. Se non lo facciamo, aiutiamo il capitalismo a rigenerarsi in una nuova forma.

Questo atteggiamento non è assolutamente limitato alla sinistra. Prendiamo un esempio recente e inaspettato da Israele. In reazione all’attuale stallo nella guerra a Gaza, l’ex capo dei servizi segreti Ami Ayalon ha chiesto allo stato israeliano di fare un radicale cambio di prospettiva. Il 14 gennaio ha dichiarato: “Noi israeliani avremo la sicurezza solo quando loro, i palestinesi, avranno la speranza. Questa è l’equazione”.

Israele, secondo Ayalon, non avrà sicurezza finché i palestinesi non avranno il loro stato, e le autorità israeliane dovrebbero liberare Marwan Barghouti, dirigente di Al Fatah e leader della seconda intifada in carcere da più di vent’anni. In questo modo Barghouti potrebbe condurre i negoziati per la creazione di uno stato. “Guardate i sondaggi palestinesi. È l’unico leader che può portare i palestinesi ad avere uno stato accanto a Israele. Innanzitutto perché crede nell’idea dei due stati, e in secondo luogo perché ha conquistato la sua legittimità stando nelle nostre carceri”, ha aggiunto Ayalon. Barghouti, in effetti, è considerato da milioni di persone il Mandela palestinese.

Concludiamo con un esempio ancor più sorprendente. Alla fine di gennaio molti giornali sostenevano che il comandante in capo delle forze armate ucraine Valerij Zalužnyj rischiava la rimozione dall’incarico per contrasti con il presidente Volodymyr Zelenskyj.

Zalužnyj allora ha esposto in un articolo una serie di priorità per il suo paese elencando i fattori che ne compromettono lo sforzo bellico: “La sfida per le nostre forze armate non può essere sottovalutata. Si tratta di creare un sistema statale di riarmo tecnologico completamente nuovo. Saranno gli strumenti senza pilota – come i droni – insieme ad altri tipi di armi avanzate a fornire all’Ucraina il modo migliore per evitare di essere trascinata in una guerra di posizione, un tipo di conflitto che probabilmente non saremmo in grado di reggere”. Zalužnyj, chiamato da alcuni il “generale di ferro”, ha ammesso che Kiev deve fare i conti con un sostegno militare ridotto dagli alleati chiave, alle prese con tensioni politiche interne.

Personalmente considero questo breve testo del generale un esempio perfetto del pensiero leninista. E so bene che lo stesso Zalužnyj e i militanti della sinistra radicale penseranno che sono pazzo. Non ne so abbastanza per giudicare le lotte di potere interne in Ucraina e il ruolo giocato da Zalužnyj in questo scontro. Dico solo che l’intervento del generale combina la fedeltà all’obiettivo (mantenere l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina in quanto stato democratico) con l’analisi concreta di come la nuova situazione sul campo di battaglia esiga dallo stato e dall’esercito ucraino un cambiamento radicale su più livelli.

Per dirla senza mezzi termini, la fase eroica della resistenza popolare all’invasore russo e dei combattimenti corpo a corpo sulle linee del fronte si è conclusa. L’Ucraina dovrebbe riorientarsi verso nuove tecnologie che presuppongono una guerra a distanza, per esempio verso droni e missili.

Oltre a questo, l’Ucraina dovrebbe prendere atto delle conseguenze della nuova situazione internazionale (la crescente riluttanza dell’occidente a fornire aiuti) e fare dei cambiamenti nella sua politica interna: una lotta più decisa alla corruzione e agli oligarchi, e un’idea più aperta di quello per cui sta combattendo il paese, superando l’ottuso nazionalismo e la diffidenza nei confronti della sinistra ucraina, considerata filorussa.

Solo questi cambiamenti potrebbero permettere all’Ucraina di evitare gli effetti disastrosi di avere un popolo logorato dalla guerra. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1549 di Internazionale, a pagina 38. Compra questo numero | Abbonati