23 novembre 2015 14:30

Mia figlia, 18 anni, sa esattamente quando comincerà il suo ciclo. Da giugno segna i giorni delle mestruazioni su un’app chiamata Clue, e l’ha programmata in modo da ricevere un messaggio due giorni prima dell’inizio delle mestruazioni.

“È fantastico, perché di solito non ci penso e adesso non devo mai pensarci”, commenta. Come molte ragazze, mia figlia è troppo impegnata per riflettere su queste cose. E non ha problemi ad aggiungere: “Mamma, parlare delle mie mestruazioni non mi imbarazza”.

Non è l’unica. Ormai le donne parlano apertamente, twittano e scrivono messaggi sul loro ciclo, e non solo a Donald Trump. Nuove aziende stanche dello stigma associato alle mestruazioni vendono nuovi prodotti per il ciclo, le cantanti e le artiste introducono temi mestruali nelle loro opere, le atlete ne parlano durante i talk show e le conferenze stampa.

Due studentesse di New York hanno sviluppato un videogame chiamato Tampon run (La corsa dei tamponi) in cui la missione della protagonista è “liberare il mondo dal tabù delle mestruazioni”.

In questo contesto si inseriscono le app per monitorare il ciclo, che hanno contribuito a smitizzare le mestruazioni assegnando delle icone simpatiche a cose fino a poco tempo fa innominabili come il flusso abbondante, gli assorbenti extralunghi e i brufoli che spuntano in quei giorni. Ma l’aspetto più importante è che trasformano le informazioni in dati che possono indicare alle più giovani quando dovrebbe cominciare il ciclo, quando c’è un ritardo e perché capita che siano giù di morale.

Esistono più di duecento app per monitorare il ciclo: stando ai dati dell’Institute for healthcare informatics, Period tracker (della Gp International) e Period calendar/tracker (della Abishkking) sono state scaricate più di dieci milioni di volte sull’app store di Android.

Le app indicano chiaramente che non sono un metodo affidabile per prevenire una gravidanza

Questi strumenti possono monitorare anche aspetti collegati al ciclo mestruale, tra cui le emozioni, i dolori, il peso, il sonno, il livello di energia e le voglie improvvise di cibo. Possono ricordarti di prendere gli assorbenti, la pillola, l’appuntamento dalla ginecologa o registrare il giorno in cui hai fatto sesso.

Alcune app sono rosa e hanno una grafica da adolescenti, tutta cuoricini, fiori e farfalle, mentre altre sono piene di grafici dalle tonalità viola. Esistono app specifiche per gruppi come le ebree ortodosse, che osservano le regole sulla purezza familiare. In questi casi il prodotto è descritto come “approvato dai rabbini”.

“Quando scopri che qualcuno ha realizzato una tecnologia apposta per noi donne, ti senti legittimata a parlare più liberamente del ciclo”, dice Shuangyi “E.E.” Hou, 24 anni, una designer di San Francisco che progetta app e siti web e usa un software per monitorare il ciclo da più di un anno. “Sono convinta che questo avrà effetti positivi sulla salute delle donne”.

Le app aiutano anche a prevedere l’ovulazione e indicano in quali giorni è più probabile rimanere incinta, ma la maggior parte di questi strumenti scrive chiaramente che non sono un metodo affidabile per prevenire una gravidanza.

Memorizzare le date dell’ovulazione e di previsione del periodo di fertilità può essere utile per le donne che vogliono concepire, ma può dare un falso senso di sicurezza a chi usa queste app come metodo contraccettivo.

Secondo l’American college of obstetricians and gynecologists, infatti, perfino i metodi più attenti di controllo dell’ovulazione presentano tassi di errore molto alti. “Le app non sono un metodo contraccettivo”, dice Hannah Ransom, un’educatrice per la fertilità consapevole di San Diego.

D’altra parte, molte donne usano queste app per organizzare meglio le loro giornate e per controllare il loro stato di salute, non come metodo contraccettivo.

Una studentessa si affida alle notifiche del telefono per ricordarsi le date del ciclo

Aliya, 23 anni, una giovane del Bronx, usa Pink Pad Pro per pianificare i suoi momenti di socialità come la sauna, e per rispondere correttamente quando il medico le fa l’inevitabile domanda sulla data d’inizio delle ultime mestruazioni (anche se la ragazza ammette che ultimamente ha usato l’app pure per prevenire la gravidanza).

Una studentessa di arti drammatiche dice di dimenticarsi sempre del ciclo quando mancano una o due settimane al lancio di una produzione e c’è un milione di altre cose a cui pensare, e che quindi si basa sugli avvisi che le arrivano dal telefono.

Uno dei problemi di queste app riguarda la privacy delle utenti e il fatto che quasi nessuna legge i termini di servizio dei prodotti. Aprendo un account su Clue, si accetta che l’azienda impieghi dati anonimi sul ciclo per migliorare il software e per ricerche accademiche e cliniche. I dati sulle utenti non registrate non vengono invece raccolti.

Ida Tin, la fondatrice di Clue, una delle app per il monitoraggio del ciclo che stanno crescendo più rapidamente, con due milioni di utenti attive in centottanta paesi, dice che il motivo per cui ha sviluppato questo prodotto era il desiderio di fornire alle donne più informazioni e più elementi per comprendere un elemento fondamentale che farà parte della loro vita per quarant’anni.

“La possibilità di visualizzare i dati su quello che sta accadendo al nostro corpo”, spiega Tin, “è uno strumento per orientarsi nella propria vita”.

(Traduzione di Floriana Pagano)

Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta su The New York Times. Clicca qui per vedere l’originale.

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