29 febbraio 2016 17:30

La vittoria dei riformisti alle elezioni legislative in Iran ha messo fine a oltre un decennio di dominio conservatore del parlamento e dell’assemblea degli esperti, l’istituzione che nomina e controlla il leader supremo della repubblica islamica.

Secondo i risultati definitivi, i moderati e i riformisti hanno vinto 15 dei 16 posti riservati alla circoscrizione di Teheran nell’assemblea degli esperti, l’istituzione che ha il compito di scegliere la guida suprema.

I candidati della lista riformista vinto anche i trenta seggi parlamentari nella circoscrizione di Teheran, contro i due che avevano in precedenza. Al di fuori della capitale, i loro successi sono stati più limitati.

Secondo analisti e imprenditori i risultati aprono comunque la strada a un cambiamento della politica economica del governo che potrebbe rilanciare gli investimenti stranieri nel paese e il commercio con l’occidente.

Il parlamento uscente, composto in gran parte da conservatori, estremamente diffidenti verso qualsiasi intesa con l’occidente, aveva finora ostacolato il progetto del presidente Hassan Rohani di rafforzare il settore privato, combattere la corruzione per attirare gli investitori stranieri. A questo punto per Rohani, architetto dell’accordo sul nucleare raggiunto a luglio, sarà più facile varare le riforme necessarie a rendere l’economia iraniana più allettante per le compagnie estere.

“In ambito economico e commerciale il nuovo parlamento sarà molto più produttivo rispetto al precedente”, spiega Saeed Leylaz, economista e consulente dell’ex presidente riformista Mohammad Khatami. L’Iran deve affrontare questioni complicate come la corruzione dilagante, l’assenza di investimenti e la scarsa produttività, ma “tutti questi problemi possono essere risolti attraverso la liberalizzazione dell’economia”, sottolinea Leylaz.

Rohani incontrerà pochi ostacoli alle riforme economiche perché i falchi difenderanno il conservatorismo sociale e culturale

Uno dei primi effetti delle elezioni del 26 febbraio potrebbe essere che il governo offra nuovi contratti per la vendita di petrolio e metano alle compagnie straniere, un passaggio fondamentale per aumentare la produzione energetica dopo la cancellazione delle sanzioni internazionali nei confronti di Teheran.

Le elezioni, in ogni caso, non concedono carta bianca all’amministrazione di Rohani in politica economica. Buona parte del potere resterà infatti nelle mani dei conservatori: il consiglio dei guardiani, un’istituzione religiosa non elettiva, ha infatti il potere di porre il veto su tutte le leggi, mentre la guida suprema Ali Khamenei ha l’ultima parola su tutte le questioni di stato più importanti.

Secondo le previsioni Rohani si muoverà con estrema cautela in ambiti politicamente delicati come la liberalizzazione del mercato del lavoro, nel quale attualmente i licenziamenti sono resi difficili da una serie di regole molto restrittive. Tuttavia, gli analisti sono convinti che l’amministrazione incontrerà pochi ostacoli sul fronte economico, perché i falchi concentreranno il loro ridotto capitale politico sulla difesa del conservatorismo sociale e culturale.

Queste elezioni hanno rafforzato Rohani e il suo mandato a cambiare la sfera economica. Ma al di là delle riforme specifiche, il presidente sembra aver ottenuto una forte legittimazione ad aprire l’economia iraniana al mondo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è stato pubblicato dall’agenzia di stampa britannica Reuters.

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