18 aprile 2016 12:43

Il mondo degli smartphone è sottoposto a continui stravolgimenti. L’ultimo prodotto di questo processo digitale sono i bot, o più precisamente i chatbot: software progettati per simulare una conversazione intelligente con gli esseri umani. Gli assistenti virtuali sono un esempio di chatbot.

Questi software sono stati, tra le altre cose, al centro della conferenza degli sviluppatori di Facebook il 12 aprile.

I bot risalgono agli albori di internet. I primi utenti della rete potevano spedire brevi messaggi ai computer, che a loro volta rispondevano in base al modo in cui erano stati programmati. Uno dei primi bot era un servizio chiamato Bartender che suggeriva drink ai suoi utenti. I bot sono stati a lungo disponibili anche su Instant Messenger, il servizio di messaggistica di Aol un tempo molto diffuso. Tra questi c’era SmarterChild, uno dei primi assistenti virtuali.

Più di 2,5 miliardi di persone ha almeno un’app per scambiarsi messaggi

Ora sta cominciando a emergere una nuova generazione di bot. Digit, per esempio, aiuta a controllare le spese e a risparmiare. MeeKan organizza riunioni per gli utenti di Slack, uno strumento per scambiarsi messaggi tra gruppi di lavoro.

Pana, un’agenzia di viaggi in rete, è un esempio di bot che si basa sia sull’automazione sia sugli essere umani per trasformare i messaggi di testo in prenotazioni. A giugno Telegram, un’applicazione per scambiarsi messaggi nata in Russia che ha oltre cento milioni di utenti, ha inaugurato un “bot store”.

Ci sono diversi motivi per cui i bot si stanno moltiplicando. I servizi che si basano sull’intelligenza artificiale stanno migliorando, ma hanno bisogno di un modo per parlare con le persone, e i bot offrono una possibilità. Inoltre il mercato delle app sta invecchiando: moltissime vengono abbandonate dopo il primo utilizzo.

L’unica eccezione sono le app per scambiarsi messaggi: più di 2,5 miliardi di persone ne ha almeno una sul telefono, quindi sono abituate a un’interfaccia a base di testo.

Facebook e Microsoft sono interessate a promuovere i bot: la maggior parte degli smartphone funzionano con sistemi operativi controllati dalla Apple o Google, mentre il mercato dei bot è un territorio libero.

Toby Coppel di Mosaic Ventures, una società d’investimento, vede nella sanità un mercato promettente. I bot potrebbero occuparsi dei disturbi più comuni, indirizzando quelli più gravi verso un dottore.

Secondo Ted Livingston, il fondatore dell’app di messaggi Kik, a dominare la scena sarà l’interazione istantanea: le attività commerciali non avranno più solo numeri di telefono e pagine web, ma anche dei bot. I ristoranti potrebbero ricevere le ordinazioni tramite messaggi, come già fanno alcuni di loro in Cina.

Eppure il bot più di successo potrebbe essere un altro: quello che gestisce automaticamente la valanga digitale generata dagli altri bot.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo di L.S. è uscito sul settimanale britannico The Economist.

Correzione, 19 aprile 2016
Nella versione precedente di questo articolo il nome dell’app di messaggi Kik era sbagliato.

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