28 giugno 2016 09:32

Dopo sei anni di tensioni, il 26 giugno Israele e Turchia hanno raggiunto un accordo che mette fine al pesante contenzioso provocato dal sanguinoso raid di un commando israeliano contro una nave turca noleggiata per portare aiuti alla Striscia di Gaza, sotto embargo dal 2006.

Nel 2010 la Mavi Marmara, un’imbarcazione che faceva parte di una flotta internazionale composta da sei navi, aveva cercato di rompere il blocco e di raggiungere il territorio palestinese governato dagli islamisti di Hamas. Le forze speciali israeliane lo avevano impedito con un’azione che aveva causato nove morti e 28 feriti tra gli attivisti filopalestinesi che si trovavano a bordo e dieci feriti tra i militari israeliani.

Israele ha partecipato con 20 milioni di dollari (18 milioni di euro) a un fondo di indennizzo per le famiglie delle vittime in cambio dell’abbandono delle iniziative giudiziarie contro i soldati israeliani. Questo permetterà anche ai rispettivi ambasciatori di tornare nelle capitali dei due paesi.

Il 27 giugno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che questa distensione avrà “enormi” conseguenze per l’economia del paese. Prima del 2010 la Turchia era uno dei paesi musulmani più vicini a Israele. E ancora oggi i due paesi hanno molti interessi comuni, a cominciare da una volontà condivisa di contenere l’Iran.

Un accordo non condiviso
Per gli Stati Uniti questa riconciliazione tra i suoi due alleati più importanti è una buona notizia. Soprattutto perché Washington continua a confrontarsi con il rompicapo siriano e più in genere con l’instabilità geopolitica nella regione.

Ma questa intesa non piace a tutti. Così Gilad Sharon (figlio dell’ex primo ministro Ariel Sharon) critica la remissività del governo israeliano nei confronti del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan; un atteggiamento che secondo lui è contrario alla “dignità nazionale” e che considera come una sorta di “capitolazione”.

Ariel Ben Solomon del Jerusalem Post ritiene che l’accordo sia solo un inganno, utile per “smettere di litigare in pubblico e continuare discretamente a contrapporsi su quasi tutto”. Secondo il giornalista il grande vincitore di questo accordo non è altro che Hamas.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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