27 ottobre 2016 12:54

Per più di due anni hanno vissuto un calvario, ma oggi i cristiani iracheni del distretto di Hamdaniya, nella provincia di Ninive, assaporano una nuova libertà. A mano a mano che le truppe irachene, sostenute dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, avanzano verso Mosul, che è nelle mani del gruppo Stato islamico (Is) dal giugno del 2014, alcuni villaggi accolgono i soldati come eroi e festeggiano la liberazione dall’Is, come a Bartella dove risuonano nuovamente le campane della chiesa.

La cittadina, che contava quasi 15mila abitanti nell’estate del 2014, porta i segni degli scontri tra i miliziani dell’Is e le forze speciali irachene. Le case di Bartella sono contrassegnate da scritte come: “Proprietà dello Stato islamico”, “musulmano sunnita” o “nasrani”, un termine dispregiativo per indicare i cristiani.

Sopravvissuti per miracolo
Molti cristiani hanno dovuto fare scelte difficili: fuggire dalle loro case e dai loro ricordi, o morire. Come Anne Danyale, suo marito Sabhan e i loro due figli, scappati ad Amman, la capitale della Giordania, che probabilmente non ritroveranno mai più la loro vecchia casa. Altri, sopravvissuti per miracolo, sperano di riprendere la vita che conducevano prima che i jihadisti li obbligassero a scappare solo con la carta di identità e i vestiti che avevano addosso.

Tuttavia, sul lungo periodo, il destino dei cristiani, il cui numero è passato da 1,4 milioni nel 2003 a poco più di 200mila, non è sicura. Anche quando l’Is sarà stato definitivamente sconfitto, questa comunità non ha garanzie di poter vivere in sicurezza. In Iraq infatti l’intolleranza è sempre più forte, come dimostra la recente decisione del parlamento di vietare l’importazione, la produzione e la vendita di alcol, un commercio che prima della guerra dava lavoro a molte persone.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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