21 dicembre 2016 11:26

L’ambasciatore Andrej Karlov è stato ucciso la sera del 19 dicembre da un poliziotto turco di 22 anni, che dopo aver sparato ha gridato “Allahu akbar!” e “Non dimenticate Aleppo”, prima di essere ucciso a sua volta dalle forze speciali turche. È la quarta volta che un diplomatico russo o sovietico è vittima di un omicidio.

Nelle ore successive alla morte di Karlov, Mosca e Ankara hanno dichiarato che l’incidente non avrebbe bloccato l’avvicinamento tra i loro paesi, cominciato l’estate scorsa. Ankara ha denunciato un complotto di Fethullah Gülen, l’ex alleato di Recep Tayyip Erdoğan, diventato il suo più acerrimo nemico e poi esiliato negli Stati Uniti. Vladimir Putin ha parlato di una provocazione volta a bloccare il processo di normalizzazione nelle relazioni russo-turche.

Ma quali saranno le conseguenze reali di questo gesto? Le implicazioni di lungo termine sulle relazioni bilaterali sono ancora difficili da valutare. Alcuni analisti osservano comunque che questo attentato avvicinerà i due paesi nella lotta contro il terrorismo. E di fatto l’uccisione dell’ambasciatore non ha bloccato i negoziati fra la Russia, l’Iran e la Turchia sulla crisi siriana, che si sono svolti il 20 dicembre a Mosca.

Interessi comuni
Erdoğan e Putin non hanno nessun interesse a rompere il tacito accordo sulla Siria, che permette a entrambi di perseguire i loro obiettivi. La Turchia ha fatto attenzione che il suo intervento nel nord della Siria non disturbi l’assedio di Aleppo. Mentre Mosca non si oppone al controllo da parte della Turchia della città di Al Bab, che serve a impedire il consolidamento di un Kurdistan siriano autonomo.

C’è anche qualche voce discordante. Secondo il Times l’omicidio metterà alla prova la recente alleanza fra Mosca e Ankara e aumenterà la rivalità tra le due potenze nella regione. In ogni caso questo attentato mette la Turchia in posizione di subordinazione rispetto alla Russia. Come minimo Mosca chiederà maggiori garanzie per la sicurezza dei suoi diplomatici e delle sue ambasciate. Ma è molto probabile che la Russia chieda concessioni politiche, in particolare di non sostenere più i ribelli sunniti in Siria.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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