18 luglio 2023 10:01

Nel 1989 erano quasi vent’anni che la città di Gerusalemme cercava di costruire un nuovo stadio di calcio. Potenti gruppi religiosi, che consideravano le partite giocate di sabato una profanazione della santità di Gerusalemme, avevano bloccato il progetto. Ma ora finalmente i lavori potevano cominciare. Restava un ostacolo. Il ministro dell’interno in carica, Aryeh Deri, un politico ultraortodosso in ascesa, aveva bloccato il cambio di destinazione d’uso del terreno scelto. Teddy Kollek, sindaco della città, lo portò in tribunale. Nel gennaio del 1989 la corte suprema stabilì che Deri aveva agito “in modo irragionevole”. Due anni e mezzo dopo fu giocata la prima partita al Teddy Stadium.

Gli esperti legali citano il caso come uno dei primi esempi di annullamento di una decisione governativa da parte della corte sulla base della “ragionevolezza”. Questo principio era stato introdotto in una sentenza del 1980 da Aharon Barak, allora nuovo giudice della corte suprema e in seguito suo presidente. Ha rivoluzionato la giurisprudenza israeliana ed è una delle principali fonti del caos costituzionale che oggi attanaglia Israele.

Il 23 luglio il governo di Benjamin Netanyahu dovrebbe approvare l’emendamento a una delle leggi fondamentali di Israele che mira a escludere il diritto della magistratura di pronunciarsi sulla ragionevolezza delle decisioni del governo. Dall’inizio dell’anno gli israeliani scendono in piazza per protestare contro la proposta di riforma della giustizia. Anche il più stretto alleato di Israele è preoccupato. Il 18 luglio il presidente statunitense Joe Biden incontrerà quello israeliano Isaac Herzog, e potrebbe criticare aspramente la manipolazione costituzionale in atto.

Un criterio che fa discutere
La clausola di ragionevolezza ha influenzato le decisioni in quasi tutti i settori della politica israeliana. Nel 1989 la corte suprema l’ha utilizzata per costringere l’esercito a processare un colonnello che aveva ordinato ai suoi soldati di picchiare i detenuti palestinesi. L’anno successivo il tribunale l’ha invocata per ordinare al procuratore generale di mettere sotto accusa i banchieri per manipolazione del mercato azionario. Nel 1993 la corte si è nuovamente occupata di Deri, stabilendo che non poteva continuare a essere ministro dell’interno dopo essere stato incriminato per corruzione. Fu costretto a dimettersi, condannato e mandato in prigione. In seguito è tornato in politica. Nel gennaio 2023 la corte suprema ha stabilito ancora una volta che deve dimettersi a causa di una condanna per frode fiscale. Sette giudici hanno citato il criterio di ragionevolezza.

Deri non fa più parte del governo, ma è ancora leader del secondo partito della coalizione di Netanyahu e uno dei suoi più stretti alleati. “Stanno cercando di mettere il governo e tutti i ministri al riparo dal controllo giudiziario”, afferma Menachem Mazuz, ex giudice della corte suprema e procuratore generale. Mazuz ha criticato l’attività giudiziaria di Barak e in particolare il principio di ragionevolezza, ma è un convinto sostenitore dell’indipendenza della corte.

Barak non è stato il primo a invocare lo standard di ragionevolezza, ma ne ha esteso notevolmente la portata. Era convinto, insieme a molti, che in assenza di una costituzione scritta e di una carta dei diritti spettasse alla corte suprema proteggere i diritti individuali e l’interesse pubblico. Alcuni lo hanno criticato per aver esteso i poteri della corte senza alcuna autorità. La clausola di ragionevolezza, sostiene Yoav Dotan, professore di diritto alla Hebrew University e feroce critico del principio, non è un criterio legale: “È tutto negli occhi di chi guarda, un costrutto linguistico inventato dalla corte”.

Il 27 marzo Netanyahu aveva annunciato la sospensione delle sue proposte di riforma giudiziaria per favorire la ricerca di un più ampio consenso sulle modifiche costituzionali. Ma quando a giugno i colloqui con l’opposizione si sono interrotti il governo ha cambiato rotta, scegliendo di ripartire proprio dalla limitazione del criterio di ragionevolezza.

Anche molti critici della clausola si oppongono a questa riforma. Dotan stesso si è unito alle proteste. “Non voglio essere l’utile idiota di nessuno”, dice. Come molti, teme che le riforme del governo, anche quelle che condivide, siano il preludio di un’erosione della democrazia.

Dotan e altri esperti legali hanno proposto un emendamento meno ampio, che escluda la clausola di ragionevolezza per le decisioni prese dall’intero esecutivo (e non dai singoli ministri). I partiti di opposizione hanno accettato questo principio in cambio della sospensione del resto delle modifiche costituzionali per la durata del mandato della knesset, il parlamento israeliano. Ma la coalizione di governo non è disposta a scendere a compromessi. Mentre tornano le grandi proteste e migliaia di riservisti militari si rifiutano di “servire una dittatura”, Israele è di nuovo sull’orlo di disordini civili.

(Traduzione di Stefania Mascetti)

Questo articolo è stato pubblicato sul settimanale britannico The Economist.

Internazionale ha una newsletter settimanale che racconta cosa succede in Medio Oriente. Ci si iscrive qui.

Leggi anche:

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it