22 febbraio 2016 19:06

Ho ricevuto una telefonata particolare, da una donna ebrea e israeliana (chiamiamola Fortune) fidanzata con un palestinese. Fortune si trovava a casa di lui, in un villaggio della Cisgiordania, quando l’esercito e la polizia di frontiera hanno fatto irruzione, senza un mandato di perquisizione. Quando Fortune ha protestato le hanno spruzzato dello spray urticante. Hanno sequestrato il suo computer portatile e alcuni smartphone che si trovavano in casa, compreso il suo. Hanno costretto il vecchio padre ad aprire la cassaforte e hanno preso oro e denaro. Non hanno rilasciato alcun documento con l’elenco dei beni sequestrati. “Poi hanno arrestato il mio fidanzato, anche se in realtà stavano cercando suo fratello, che non era in casa ed è sospettato di furto”, mi ha raccontato.

In seguito ho scoperto da fonti della sicurezza israeliana e da un amico che vive nel villaggio che la famiglia di Fortune, compreso il fidanzato, è coinvolta nei furti d’auto. Le fonti ufficiali mi hanno detto che lo spray è stato usato per evitare contatti fisici, “in cui si rischia di rompere una costola o una mano”.

E per quanto riguarda l’oro e il denaro, hanno risposto così: “Perché la famiglia non ha denunciato la confisca?”. Infine hanno aggiunto che in Cisgiordania le forze di sicurezza non hanno bisogno di un mandato per fare irruzione in una casa.
Fortune non crede che il suo fidanzato sia coinvolto nei furti d’auto. Ma qualunque sia la verità, ha imparato cosa significa essere palestinesi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

_Questa rubrica è stata pubblicata il 19 febbraio 2016 a pagina 27 di Internazionale, con il titolo “__La lezione di Fortune”._ Compra questo numero _|_ Abbonati

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