17 dicembre 2014 08:17

La Federazione russa è il paese più esteso al mondo, uno dei primi produttori mondiali di gas e petrolio, un esportatore di energia da cui dipendono l’industria e le famiglie europee e una terra di investimento per le banche e le grandi aziende occidentali. Per questo un collasso economico della Russia avrebbe gravissime conseguenze per l’economia mondiale. E purtroppo questo collasso è sempre più vicino.

Davanti al crollo del rublo la Banca centrale russa ha deciso nella notte di lunedì di aumentare il suo tasso di riferimento di 6,5 punti, portandolo dal 10,5 per cento al 17 per cento. Il messaggio rivolto alle famiglie e agli investitori è chiaro: non vendete i vostri rubli in cambio di dollari ed euro perché non avrete alcun guadagno. Ciononostante, dopo due ore di ripresa, il rublo ha ricominciato a scendere, e nel pomeriggio di martedì ha perso un altro 20 per cento.

Dall’inizio dell’anno la valuta russa ha perso il 60 per cento sul dollaro (era il 40 per cento fino a pochi giorni fa) e questo significa che il costo delle importazioni e degli interessi sul debito dovuto alle banche straniere è aumentato enormemente. Siamo davanti a un naufragio, una catastrofe nazionale che ha tre cause principali.

Prima di tutto ci sono le sanzioni economiche imposte dagli occidentali a marzo a causa della crisi ucraina, che tra l’altro hanno continuato a inasprirsi. Poi c’è il crollo del prezzo del petrolio, innescato dall’Arabia Saudita per colpire ulteriormente l’economia dell’Iran (grande rivale regionale) e per indebolire lo sfruttamento del petrolio e del gas di scisto statunitensi che minacciano le esportazioni di Riyad. In questo processo la Russia è una vittima collaterale della difesa degli interessi sauditi, ma è comunque una vittima importante perché l’energia costituisce i due terzi delle sue esportazioni e la base della sua economia.

Infine bisogna tenere presente che le famiglie e i grandi patrimoni russi non capiscono più dove sta andando il paese. Mentre i capitali fuggono al ritmo di 120 miliardi di dollari l’anno, i privati prendono d’assalto gli uffici di cambio per sbarazzarsi dei rubli.

Domani Vladimir Putin terrà la sua conferenza stampa annuale. Il presidente dovrà dire qualcosa, ma nella sostanza l’unica alternativa a un salto nel vuoto sarebbe la scelta di fare un passo indietro sull’Ucraina per ottenere la cancellazione delle sanzioni. È una possibilità concreta, e da una settimana Putin sembra disposto a scendere a patti. Il problema è che una soluzione sull’Ucraina non farebbe aumentare il prezzo del barile, mentre la crescita cinese rallenta, quella dell’Europa è vicina allo zero e l’instabilità greca minaccia nuovamente la sopravvivenza dell’eurozona. I mercati sono nel panico, e ne hanno tutte le ragioni.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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