05 marzo 2015 08:13

È passata quasi una settimana e ancora non sappiamo chi sia il mandante dell’omicidio di Boris Nemtsov. Sappiamo però che i suoi assassini si sentivano molto sicuri, tanto da colpire il bersaglio a pochi passi dal Cremlino, nel quartiere più sorvegliato di Mosca.

Boris Nemtsov non era un oppositore come tanti. Era stato vicepremier nonché uno dei possibili eredi di Boris Eltsin prima che Vladimir Putin vincesse la partita. Nemtsov è stato al centro del processo di privatizzazione dell’economia russa, cioè della spartizione delle ricchezze nazionali tra gli uomini del vecchio apparato comunista e i nuovi capitani d’industria, una delle più clamorose rapine della storia. Non solo conosceva tutti i segreti di famiglia della nuova Russia, ma era stato anche molto vicino a persone che oggi posseggono i più consistenti patrimoni del paese.

Boris Nemtsov era un uomo della nuova élite russa, ma anche un uomo che aveva rotto con un potere che peraltro aveva contribuito a creare. Così come ci sono stati comunisti sovietici che credevano davvero nel comunismo, ci sono stati anche autentici liberisti all’interno della cerchia di Eltsin. Sinceramente convinto che la libertà degli uomini è inscindibile dalla libertà del mercato, Boris Nemtsov era uno di loro. Quando l’avvento di Putin ha sgretolato le sue certezze, Nemtsov è passato all’opposizione denunciando la corruzione e criticando l’annessione della Crimea e l’ingerenza delle truppe russe in Ucraina, affermandosi come l’unica figura di respiro nazionale dell’opposizione.

Tutto questo sarebbe bastato a renderlo una minaccia, ma Nemtsov era soprattutto l’unico oppositore che poteva essere preso sul serio dai grandi patrimoni russi, gli stessi che oggi sono sempre più preoccupati dall’avventura ucraina di Putin. I pirati degli anni novanta sono diventati grandi nomi del settore bancario e dell’industria. Oggi queste persone chiedono solo un riconoscimento da parte dei loro pari occidentali e non sono certo felici di vedere la Russia chiudersi in se stessa o, peggio ancora, virare verso la Cina.

In questo momento esiste una frattura tra Putin e i grandi ricchi, che si sentono traditi da un presidente di cui erano stati uno dei due pilastri insieme ai silovikj, gli uomini delle forze di sicurezza. Messi in secondo piano, gli imprenditori avrebbero forse potuto schierarsi dalla parte di Boris Nemtsov, liberista convinto ed eroe della nuova classe media.

L’assassinio di Nemtsov suggella un cambio di alleanze al vertice del potere russo. La chiesa ha infatti preso il posto dei grandi patrimoni accanto ai servizi di sicurezza nel percorso di restaurazione di una Grande Russia fondata sull’assolutismo e il tradizionalismo. Se i ricchi stanno davvero pensando di allearsi con la classe media per affrontare Vladimir Putin, la sorte toccata a Boris Nemtsov gli fa capire cosa li attende.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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