17 giugno 2015 08:57

Non siamo davanti a un’altra crisi dei missili a Cuba, e americani e russi non sono sull’orlo di un conflitto nucleare. Tuttavia la vicenda ucraina, questo fuoco inestinguibile nel cuore dell’Europa, è sempre meno controllabile e sempre più inquietante.

Martedì Vladimir Putin ha annunciato il dispiegamento di 40 nuovi missili balistici intercontinentali capaci di “resistere ai sistemi di difesa antiaerei più sofisticati”. Nel linguaggio della guerra nucleare l’aggettivo “intercontinentale” significa capace di colpire un avversario in un altro continente, in questo caso gli Stati Uniti. Putin in sostanza ha deciso di rafforzare l’esercito russo puntando direttamente il mirino sugli americani, in un momento in cui il suo paese sta per dotarsi di un nuovo sottomarino nucleare e ha un budget militare doppio rispetto al 2010.

L’annuncio del Cremlino fa seguito alle informazioni pubblicate nel fine settimana dal New York Times a proposito dell’imminente dispiegamento di armi pesanti americane nei paesi alla frontiera orientale della Nato. In questo modo Washington vorrebbe dimostrare ai paesi baltici e alla Polonia la sua volontà di difenderli nel caso in cui la Russia penetrasse ulteriormente in Ucraina e ci ritrovassimo invischiati in un ingranaggio che risale ai tempi del crollo dell’Urss.

All’epoca gli americani si erano informalmente impegnati a non allargare la Nato verso la frontiera russa, ma non avevano mantenuto la promessa perché i paesi usciti dall’orbita sovietica o dalla stessa Urss (come gli stati baltici) invocavano la loro sovranità per beneficiare della protezione americana davanti a una Russia di cui temevano lo spirito vendicativo. La loro paura era giustificata? O forse è stato proprio il loro ingresso nella Nato a spingere Mosca a rimettere le mani sull’Ucraina e la Georgia?

Sembra un po’ il dilemma dell’uovo e della gallina, e in questo momento è impossibile dare una risposta. Resta il fatto che ci troviamo in una situazione in cui la volontà di Mosca di evitare un nuovo allargamento della Nato la spinge ad adottare un atteggiamento aggressivo nei confronti delle ex repubbliche sovietiche e ad alimentarne i timori che appaiono ormai fondati, spingendo gli Stati Uniti a rafforzare la dotazione militare dell’Alleanza atlantica alla frontiera con la Russia, che a sua volta sfoggia la sua potenza nucleare.

È un gioco pericoloso, tanto più assurdo se consideriamo che le crisi mediorientali – il nucleare iraniano, il dramma siriano e l’avanzata dello Stato islamico – imporrebbero un riavvicinamento tra russi e americani, indispensabile per trovare una soluzione. Non siamo davanti a un’altra crisi dei missili a Cuba, ma la situazione è comunque grave.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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