26 agosto 2015 10:05

Il 16 agosto il regime siriano ha bombardato un mercato alla periferia orientale di Damasco. I barili incendiari lanciati sulla folla a Duma hanno provocato la morte di 117 persone, in gran parte donne e bambini. I bombardamenti non si sono fermati e da allora, in questa regione controllata dall’opposizione contro Bashar al Assad, le vittime sono diventate almeno 250, con oltre mille feriti.

Tra i crimini di questo regime sanguinario e quelli dei jihadisti del gruppo Stato islamico, non stupisce che così tanti siriani siano fuggiti verso i paesi limitrofi o verso le coste europee. Questo significa che non esiste alcuna possibilità di mettere fine a questo conflitto che dura da quattro anni e si è ormai trasformato in un’insopportabile sequela di barbarie?

A breve termine la risposta è no. Gli omicidi, le torture, gli stupri e la distruzione di intere città proseguiranno ancora a lungo, ma al contempo la situazione è meno bloccata di quanto non fosse all’inizio dell’estate, per tre motivi.

La Russia sembra aver capito che Assad non può vincere e che bisogna trovare un compromesso

Il primo è che il regime Assad è arrivato al capolinea, incrinato dalle sconfitte militari, tenuto a distanza dall’Iran e in piena bancarotta finanziaria. Il regime è talmente screditato (e il comportamento del suo leader talmente odioso) che oggi viene contestato anche dalla minoranza alawita, quella da cui proviene la famiglia Assad.

Il secondo motivo per essere ottimisti è che la Russia, secondo sostenitore del regime insieme all’Iran sciita, sembra aver capito che Assad non può vincere, e che di conseguenza bisogna trovare un compromesso che preveda l’insediamento di un governo di transizione. Questa svolta si è percepita chiaramente a metà agosto nel corso di una riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, quando la Russia si è accodata alle altre grandi potenze per chiedere una soluzione politica del conflitto. Un altro segno del cambiamento al Cremlino è il moltiplicarsi dei contatti tra Mosca e i paesi sunniti, tutti ostili al regime di Assad. La Russia si sta avvicinando al mondo sunnita perché è consapevole che dopo la conclusione dell’accordo sul nucleare l’Iran si aprirà ai paesi occidentali.

Il terzo motivo per credere a una soluzione del conflitto è la situazione dell’Iran. Dopo la cancellazione delle sanzioni economiche, Teheran vorrà dedicarsi al proprio sviluppo, o almeno questo è quello che sperano le forze più moderate, rafforzate dall’accordo sul nucleare a scapito dei falchi del regime. In Iran la parola “transizione” non è più tabù, ma se la situazione appare ancora bloccata è perché russi e iraniani vogliono che Assad resti in carica durante questa transizione.

Mosca e Teheran vogliono salvare la faccia, ma nessuna delle correnti dell’opposizione siriana vuole organizzare elezioni sotto il dittatore, e né la Francia (come ha ripetuto martedì Hollande) né i paesi sunniti né gli Stati Uniti ritengono possibile ottenere qualcosa di buono fino a quando Assad non andrà in esilio. Gli equilibri stanno cambiando, è vero, ma l’orrore non si fermerà a breve.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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