31 marzo 2017 09:47

È una situazione quasi comica. Ferito, umiliato e indebolito dal fallimento dell’azione contro l’Obamacare, la legge con cui il suo predecessore aveva esteso la copertura medica, il 30 marzo Donald Trump si è scagliato contro i repubblicani più liberisti e ha teso la mano ai democratici, con cui spera di trovare un compromesso sulla vicenda.

C’è una logica in questa inversione di rotta, perché sono proprio i voti del Freedom caucus, composto da una trentina di ideologi della non ingerenza dello stato nell’economia, a essere mancati a Trump per sostituire all’Obamacare un nuovo testo molto meno garantista. Per questi ayatollah del liberismo nel testo c’era ancora troppo socialismo. Ai loro occhi bisognava cancellare completamente la riforma di Barack Obama e per questo hanno negato il loro appoggio al progetto preparato dal loro gruppo parlamentare e approvato dalla Casa Bianca.

Dopo le dimissioni del suo consulente per la sicurezza nazionale a causa dei legami troppo stretti con i russi e il blocco voluto dai giudici dei decreti emanati per vietare l’ingresso sul territorio americano a cittadini di diversi paesi musulmani, Donald Trump è rimasto stordito.

Le difficoltà della politica
Doveva riprendersi prima che il Freedom caucus capisse di poter imporre la sua legge e il suo programma politico. Il presidente era in pericolo e così, appena sveglio, ha twittato: “Il Freedom caucus fa male al programma repubblicano. Dobbiamo combatterlo”. Ah sì? Molto bene, ma come?

Trump ha spiegato di voler trovare un’intesa con i democratici su una nuova modifica per l’Obamacare. Il portavoce repubblicano della camera ha espresso il suo disappunto, mentre il Freedom caucus ha respinto la manovra d’intimidazione accusando Trump di essersi già abbandonato alle pratiche politiche di Sodoma e Gomorra di Washington.

Per Trump l’orientamento politico non conta, l’importante sono i profitti

Nemmeno i cartomanti possono prevedere cosa accadrà nel prossimo episodio, ma la prima conclusione da trarre da questo tweet è che Donald Trump non è certo un ideologo. Quando era solo un imprenditore, Trump aveva l’abitudine di cercare appoggi in entrambi i partiti, e questo modo di fare può sempre tornare utile. Newyorchese, si era dichiarato a lungo democratico in una città democratica, prima che la Grande Mela cadesse in mani repubblicane.

Per Trump l’orientamento politico non conta, l’importante sono i profitti. Se ha condotto una campagna fortemente orientata a destra è solo perché voleva lusingare gli elettori delle primarie repubblicane e regalare al marchio Trump una pubblicità internazionale che nessuna agenzia di marketing avrebbe mai potuto offrire.

Ora che, con sua grande sorpresa, si ritrova nell’ufficio ovale e scopre le difficoltà della politica, Trump sembra tornato a un pragmatismo da imprenditore senza preoccuparsi di perdere credibilità. È una situazione quasi comica, se non fosse che quest’uomo, alla guida della prima potenza del mondo, dovrà negoziare con il Medio Oriente, Vladimir Putin e la Cina, con importanti conseguenze per la stabilità internazionale e per le nostre vite.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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