10 agosto 2015 15:36

Chi vuole andare a leggere o a studiare alla biblioteca nazionale di Roma, da circa un mese si trova davanti un cartello che dice:

A seguito del persistere delle condizioni climatiche torride e del malfunzionamento dell’impianto di climatizzazione, si comunica che è anticipata l’entrata in vigore dell’orario estivo a decorrere dal 9 luglio 2015

Lo stesso avviso si può leggere (con qualche refuso in più e solo in italiano) anche sul sito dove è specificato cosa vuol dire orario estivo: apertura dalle 8.30 alle 13.30 tranne che dal 10 al 22 agosto quando l’orario si ridurrà a un’ora al giorno, dalle 10 alle 11; la distribuzione dei libri sarà disponibile anche quella solo un’ora la mattina, dalle 9.30 alle 10.30.

Se non fosse un comunicato ufficiale, sembrerebbe una parodia. Ed è vero che gli effetti di questi orari estivi sono ridicoli. Immaginatevi di aver bisogno di consultare un certo libro per una vostra ricerca: andate la mattina a cercarlo alla biblioteca nazionale, lo richiedete in quella fascia di un’ora a voi concessa, ve lo recapitano, lo sfogliate e capite – accade spesso a chi fa ricerca – che non è quello che cercavate, dovete tornare la mattina dopo per ordinarne un altro.

Le biblioteche potrebbero trasformarsi in piazze del sapere

Ogni volta che si sente parlare di un paese che sta investendo sulla cultura, bisognerebbe fare l’esempio della biblioteca nazionale di Roma o di quella nazionale di Firenze (che dal 10 al 22 agosto chiude del tutto), ed essere meno sorpresi e moralisti rispetto ai cosiddetti cervelli in fuga.

Per centinaia di migliaia di studenti universitari l’estate è oltre che la stagione di riposo, il tempo in cui poter fare ricerca più liberamente, e per studiare ci si sposta – si è anche semplicimente costretti a spostarsi. Per esempio a Parigi – dove la biblioteca nazionale non fa pause estive e ha un sito in nove lingue; a Madrid – dove la Biblioteca nacional de España d’estate riduce il suo orario dal consueto 9-21 a quello 9-19.30; o a Monaco, dove la Bayerischen Staatsbibliothek è aperta dalle 8 a mezzanotte.

Contrastare la disgregazione sociale

Ma non è solo agli studenti che le biblioteche potrebbero essere utili d’estate. È almeno un ventennio che anche in Italia si discute sulla trasformazione del loro ruolo, a partire dal fatto che l’utenza media in molte parti d’Italia non supera il 2 per cento di abitanti l’anno.

Le biblioteche potrebbero trasformarsi da sale di archivio, studio, consultazione, a quelle che un libro di Antonella Agnoli chiama Le piazze del sapere (2009): luoghi aperti a tutti (anche stranieri che non parlano italiano, oppure senza fissa dimora), dove si legge certo, si prendono in prestito libri ma si può consultare internet, si fanno anche dei corsi, si può giocare alla playstation, o semplicemente si prende un aperitivo, ci si incontra, ci si riposa.

È quello che Agnoli definisce il ruolo sociale delle biblioteche sulla scorta dell’esempio anglosassone delle public library. Se le ripensiamo in questo modo – lei stessa l’ha fatto come consulente per vari comuni – vedremo l’utenza aumentare anche del 500 per cento, e soprattutto avremo dei presìdi democratici, utili proprio a contrastare quella disgregazione sociale che sembra il problema cardinale delle amministrazioni pubbliche.

Ma c’è di più. Le biblioteche possono essere ripensate anche affidandogli un ulteriore ruolo, quello turistico. In un recente incontro con il ministro della cultura Dario Franceschini, Agnoli ha citato l’esempio statunitense, per cui le biblioteche ospitano spesso anche il visitor center.

In Italia la loro diffusione capillare sul territorio – addirittura più degli uffici postali – permetterebbe di avere un ufficio turistico anche in luoghi dove non ci sono fondi per impiantarne uno ex novo, e al tempo stesso darebbe la possibilità a chi sta viaggiando di accedere al resto dei servizi: lettura, internet, riposo…

Il ministro Franceschini non ha raccolto. Ma sarebbe invece proprio indispensabile che accanto ai finanziamenti che ha promesso nel febbraio scorso – tra cui un milione di euro alle due biblioteche nazionali che evidentemente non basta per non farle chiudere ad agosto – ci fosse finalmente un progetto vero di ripensamento delle biblioteche. Il rischio altrimenti è quello di assistere, con poche velleitarie armi di contrasto, al lento declino di quella che invece potrebbe essere una delle reti più vive per cultura e per la democrazia di un paese.

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