11 gennaio 2015 23:54

Questa dell’11 gennaio è stata per molti versi una giornata eccezionale a Parigi: non si erano mai viste così tante persone in strada in Francia e nemmeno così tante personalità riunite, al di fuori degli appuntamenti internazionali istituzionali. In tutta la Francia quasi quattro milioni di persone hanno sfilato per difendere la democrazia, la libertà e la convivenza civile. Secondo Le Monde a Parigi le persone che hanno manifestato erano oltre un milione e mezzo – il ministero dell’interno ha definito “impossibile” un conteggio preciso a causa dell’ampiezza delle zone invase dalla folla.

Sin dall’arrivo alla stazione si capiva che c’era qualcosa di speciale nell’aria, per via del numero di poliziotti in tenuta antisommossa e giubbotto antiproiettile. Diverse fermate della metropolitana lungo il percorso dei cortei erano chiuse e i viaggiatori, di solito piuttosto taciturni e imbronciati, chiacchieravano volentieri e sembravano distesi. L’atmosfera era tutto sommato rilassata, anche per la presenza di tanti bambini, anziani e famiglie al completo.

Una volta usciti a Bastille, però, è stato impossibile raggiungere il luogo dell’appuntamento con i colleghi e le associazioni di giornalisti. La folla è già compatta e le persone fanno a gara a chi ha il cartello con lo slogan più originale, oltre ovviamente all’inevitabile “Je suis Charlie”, “Je suis un policier”, le prime pagine di Charlie Hebdo e di altri giornali sulla strage del 7 gennaio e così via.

Ripiego quindi su una parallela dei boulevard che portano a République, il punto di partenza del corteo, ma alla fine la strada è transennata e non è possibile entrare al boulevard Voltaire, dove deve passare il corteo.

Intanto arrivano i pullman e le auto delle autorità. Ogni tanto si alza dalla folla una Marsigliese, mentre, come spesso accade in questi casi, gente che non si conosce si mette a chiacchierare e chiude prontamente ogni inizio di polemica con un secco “Non ora, non qui”. La gente aspetta paziente e guardo lo streaming dell’inizio del corteo, quello con i capi di stato e di governo, dal telefono di un ragazzo con la kippah che riconosce tutti ma proprio tutti i politici.

I politici sono ormai arrivati alla nostra altezza e lasciano il corteo dopo aver fatto circa metà del percorso della manifestazione. Ogni volta che uno di loro ci passa davanti, la folla applaude e scandisce “Charlie! Charlie!” e “Liberté! Liberté!”. Tra gli italiani, riconosciamo Matteo Renzi, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e l’ex premier Mario Monti. L’ultimo è il presidente francese Hollande, che si ferma a salutare da lontano. Poi, passano i parenti delle vittime dell’attentato contro Charlie Hebdo, dei poliziotti e degli ostaggi uccisi tra mercoledì e venerdì, si alza un lungo e commosso applauso, e dei “Merci!” “Bravo!”. Alla fine, i poliziotti tolgono le transenne e possiamo raggiungere il corteo.

In testa ci sono i parenti dei giornalisti di Charlie Hebdo e quello che rimane della redazione. Portano sulla fronte o al braccio una striscia bianca con scritto il nome del loro giornale. Subito dopo ci sono i rappresentanti delle organizzazioni e dei sindacati di giornalisti francesi, europei e internazionali, dietro a uno striscione con scritto “Siamo Charlie”. Tengono in mano i loro tesserini da giornalisti e le loro penne, diventate, insieme alle matite, il simbolo della mobilitazione di questi giorni.

Grazie alla gentilezza di un amico giornalista riesco a superare lo strettissimo cordone di vigilanza dei sindacati e a entrare nel corteo subito dietro alla redazione di Charlie, dove notiamo Ezio Mauro, direttore di la Repubblica.

Lungo la strada, gli abitanti dei palazzi che si affacciano sul corteo hanno esposto chi lo slogan “Je suis Charlie”, chi la bandiera francese, chi quella israeliana, chi un gigantesco “Liberté”. Al passaggio della redazione di Charlie Hebdo, con la vedova di Tignous e il medico Patrick Pelloux in testa, le persone ferme sul bordo della strada applaudono e scandiscono “Charlie! Charlie!” e di nuovo “Grazie!” “Tenete duro!” “Viva la libertà”. I ragazzi di Charlie Hebdo rispondono ringraziando a loro volta e salutano. Pelloux, che da giorni sembrava sull’orlo di scoppiare a piangere durante le decine di interviste concesse a radio e tv, appare sollevato e perfino sorridente. Dietro di lui, diversi giovani redattori si tengono per mano o si stringono tra loro.

Arrivati in place de la Nation, dove il corteo si scioglie, i ragazzi di Charlie Hebdo sono salutati con un’ovazione e un’altra Marsigliese, questa volta ancora più da brividi, perché sono migliaia e migliaia a intonare che “le jour de gloire est arrivé”. E forse non hanno tutti i torti perché è stata una prova di eccezionale unità e dignità quella che oggi hanno dato i francesi e tutti coloro che si sono uniti per dire che la democrazia e la libertà sono conquiste irrinunciabili e non negoziabili.

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