01 giugno 2015 18:17

Sabato 30 maggio l’Unione per un movimento popolare (Ump), il principale partito della destra francese, ha cessato di esistere. Al suo posto sono nati Les républicains, i repubblicani, il movimento battezzato lo stesso giorno dal suo leader, Nicolas Sarkozy.

Negli ultimi sei mesi, da quando l’ex presidente della repubblica è tornato alla guida dell’Ump, Sarkozy è riuscito a riconquistare un partito lacerato dalle lotte intestine seguite alle sconfitte elettorali del 2012 (presidenziali e legislative) e a farne una macchina da guerra, asservita all’unico obiettivo della sua candidatura alle primarie per le presidenziali del 2017. In pratica, lo stesso piano che aveva messo in atto per conquistare l’Eliseo nel 2007. E pazienza per la promessa di ritirarsi dalla politica fatta all’indomani della sconfitta contro François Hollande.

Il nome, escogitato dagli esperti di comunicazione di Sarkozy almeno dallo scorso novembre, è quanto di più unificante ci sia nella politica francese, dove “repubblicano” definisce per estensione tutto ciò che è democratico (si prevedono forti mal di testa per i corrispondenti statunitensi). Evoca anche il Rassemblement pour la république (Rpr), il partito neogollista fondato da Jacques Chirac negli anni settanta.

Ma se il sessantenne Sarkozy ha senza dubbio fatto breccia tra i diecimila militanti riuniti a porte de la Villette, a Parigi, non sarà facile unire intorno al suo nome quella parte non indifferente del partito che non si riconosce in lui e che ha seri dubbi sulle possibilità che riesca a riprendersi l’Eliseo. Sabato era abbastanza facile riconoscere gli esponenti dell’opposizione interna: bastava sentire i fischi che hanno accompagnato la comparsa sul palco di Alain Juppé e di François Fillon, i due principali rivali di Sarkozy.

Juppé è convinto che se Sarkozy ha dalla sua i tesserati, lui ha dalla sua parte l’opinione pubblica: un recente sondaggio indica infatti che batterebbe Sarkozy alle primarie del partito, ma anche che otterrebbe più voti di Sarkozy alle presidenziali. Ex pupillo di Jacques Chirac, che lo aveva soprannominato “il migliore”, il sindaco di Bordeaux, 69 anni, è molto più apprezzato dagli elettori di centro, che considerano Sarkozy troppo indulgente nei confronti del Front national e in generale troppo a destra – per non parlare del suo stile “bling bling” (pacchiano) che fa storcere il naso agli elettori più tradizionalisti. Per questo Juppé ha posto come condizione essenziale per la sua partecipazione alle primarie che esse siano “aperte al centro” e non limitate ai soli tesserati. Juppé dovrebbe lanciare la sua corrente giovanile martedì 2 giugno a Saint-Denis, nella banlieue parigina.

François Fillon, che è stato il primo ministro di Sarkozy durante il suo primo mandato, crede che sia ormai arrivato il suo momento e, dopo aver perso la battaglia per la conquista dell’Ump all’indomani del disastro elettorale del 2012, grida vendetta. Apprezzato in “provincia”, come i francesi chiamano tutto quello che non è Parigi, il deputato della Sarthe (centro), 61 anni, gode di un sostegno molto meno importante in seno al partito. Il suo è un progetto di “rottura” liberista (praticamente una parolaccia in Francia) con il passato, Sarkozy compreso. E infatti Fillon non perde un’occasione per ricordare che nel 2012 gli elettori hanno mandato a casa il suo rivale.

Tra gli outsider ci sono anche figure minori della quasi ex generazione dei quarantenni saliti al potere con Sarkozy, come gli ex ministri Bruno Le Maire (46 anni), Xavier Bertrand (50 anni) o Nathalie Kosciusko-Morizet (42 anni), che difficilmente riusciranno a impensierire i principali candidati, ma che sono in grado di far pendere l’ago della bilancia da una parte o dall’altra al secondo turno delle primarie (in Francia le elezioni hanno sempre due turni).

Nel frattempo Sarkozy, che dalla sua posizione è in grado di dettare le priorità e occupare lo spazio mediatico, cercherà di far dimenticare le vicende giudiziarie che lo riguardano ancora e l’assenza di un vero programma e di reali novità rispetto a quanto sosteneva da presidente, e concentrerà i suoi sforzi contro il capo dello stato uscente, François Hollande, la cui ricandidatura è sempre più probabile. Sarkozy, di cui Hollande incarna l’esatto contrario, non ha mai digerito di essere stato sconfitto da un uomo per il quale non nasconde il suo disprezzo.

Intanto, chissà se i socialisti, che hanno rieletto segretario Jean-Christophe Cambadélis proprio questo fine settimana, non decidano di ribattezzarsi “Les démocrates”. Nel paese che rivendica la sua eccezione culturale rispetto al dilagare dell’industria dell’entertainment statunitense sarebbe davvero un bel paradosso.

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