23 maggio 2016 01:25

Arno Schmidt, I profughi
Quodlibet, 156 pagine, 16 euro

Schmidt è scrittore per pochi. Non segue le regole canoniche della bella prosa e della futile narrazione: sintetizza, dilata, ribatte, allude, cita, spezza, inventa, sconcerta. Rifiuta ogni banalità e propone una lingua tesa e ironica, in grado di dire con distacco la crudeltà e la stupidità degli umani, dal fondo di una cultura sterminata, antica.

Arno Schmidt è uno dei grandi del novecento e lo conferma questo breve romanzo sinora inedito da noi, cui l’ottimo Dario Borso ha aggiunto spiegazioni adeguate. Come nel Leviatano, la scena è la guerra e la sua fine. Ma qui c’è anche il dopo, quando le popolazioni tedesche a est dell’Oder vengono spedite in massa verso il Reno dalle nuove spartizioni dell’Europa. L’autore, dopo aver fatto “sei anni al fronte, prigioniero di guerra in più”, è coinvolto in quest’esodo. Schmidt narra questo viaggio e l’incontro con una compagna occasionale che diventa molto importante, Katrin, giovane vedova con una protesi al posto di un piede. Ne hanno entrambi viste tante, eppure reagiscono con vitale insistenza alla pesantezza della storia, scettici e mordaci, resistenti.

Alla fine del viaggio, contenti del basso prezzo delle patate, “ci guardammo ridendo, povera specie degenere, coppietta senza pescaggio (…). Così viviamo per il momento insieme; come andrà poi, non lo so ancora”.

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