21 dicembre 2016 14:59

Gentile bibliopatologo,
le scrivo disperatamente seduta in mezzo a cumuli di libri. Mi sono trasferita da poco in un nuovo appartamento, e ho appena ricevuto alcune mensole da sistemare nel soggiorno che spero mettano fine alla sovrappopolazione delle librerie nella camera da letto. Il progetto iniziale consisteva nel trovare un criterio di ordinamento e seguirlo. Ne è conseguita gran frustrazione (casa editrice? No. Ordine alfabetico? No. Anno di pubblicazione? No, no e no) e la risoluzione di prendere alcuni libri a caso e trovare un criterio in seguito. A metà dell’opera, arriva l’epifania e il blocco: sto scegliendo in modo tutt’altro che casuale! Inconsciamente sto operando una selezione rigidissima e i suoi parametri non mi sono del tutto chiari: perché, per esempio, un libro gradito di Calvino, Mishima o Artaud ma non il mio preferito? Temo che la soluzione sia semplice: il soggiorno lo vedono in molti, la camera da letto no. E da quel che intravedo sto cercando di creare un fondo che stimoli l’interesse degli avventori senza però rivelare troppo dei miei veri interessi, custoditi gelosamente nella mia stanza. Ho sempre creduto di poter capire molto delle persone guardando le loro librerie… ho sempre sbagliato?

—M.

Cara M.,
fai bene a resistere alla filosofia totalitaria dell’open space e a preservare i fasti dimessi dell’intérieur borghese, con i suoi spazi di rappresentanza, le sue aree ombrose e inaccessibili, le sue porte chiuse a chiave, i suoi cassetti, i suoi segreti, il timore reverenziale dei bambini sulla soglia della stanza dei genitori.

Non è solo una scelta tra due stili abitativi, ma anche tra due tipi di personalità che a quegli stili corrispondono. Devo aver letto da qualche parte che la differenza tra le residenze aristocratiche e le case borghesi consisteva in questo: che nelle prime anche le stanze da letto potevano essere usate per le feste, nelle seconde anche i salotti servivano al disbrigo degli affari quotidiani. Mi pare che gli open space preservino il peggio delle une e delle altre, lì tutto è feriale e tutto è festivo; la tua casa, al contrario, tiene ben distinto il pubblico dal privato.

Questa premessa, che potrebbe apparirti divagante, è un vestibolo da cui si è costretti a passare per arrivare preparati alla domanda che poni alla fine: che cosa si può capire delle persone guardando le loro librerie? Si può capire moltissimo, altroché. Dai libri, dalla loro disposizione, dai criteri di classificazione, e anche da certi dettagli minori (sono allineati al bordo anteriore degli scaffali, quasi a sporgersi su un precipizio? Sono, al contrario, addossati alla parete? Si vedono piccole pile messe di taglio in cima alle schiere in piedi? I volumi delle enciclopedie sono in ordine? Ci sono doppie o triple file? E quanta polvere?). Ma tutti questi, spero, saranno spunti per lettere future al bibliopatologo. L’essenziale per decodificare una libreria è racchiuso nella premessa.

Hai visto Provaci ancora Sam? Ricorderai che Woody Allen vive in una specie di open space che usa come palcoscenico per i suoi goffi tentativi di seduzione. Tutto è disposto meticolosamente, libri, riviste, dischi, perfino una medaglia sportiva (comprata da un compagno più atletico). Confesso di aver usato anch’io di questi vili stratagemmi. Una volta lasciai bene in vista una pila di libri sulla poesia trobadorica per far colpo su una medievista in visita (funzionò).

Il punto più basso di abiezione lo toccai quando presi in prestito in biblioteca un libro di Karl Jaspers – in tedesco, per strafare – e lo misi con calcolata noncuranza sulla scrivania in modo che una bella ospite, che studiava appunto quel filosofo, lo notasse (non funzionò). Ecco, ora conosci tutte le mie miserie.

Far intuire la presenza di una libreria segreta, diciamo pure esoterica, collocata in una stanza a cui non si è ammessi se non al termine di un’iniziazione, offre possibilità di gran lunga più affascinanti. Che relazione c’è tra la letteratura esposta in salotto allo sguardo dei profani e le misteriose letture del boudoir riservate agli adepti? Corrispondenza, contraddizione, stridore, schizofrenia? Cosa ci sarà, oltre quella soglia, a due passi dal letto? Collezioni di racconti libertini settecenteschi, autobiografie di serial killer, manuali di magia tantrica? O cose di cui (a torto o a ragione) ci si vergogna, gialli comprati alla stazione, romanzi di chick-lit, libri di Gramellini o della Littizzetto? O, ancora, libri così eruditi da spaventare l’uomo comune, saggi sull’idealismo tedesco, commenti ad Avicenna, studi di prosodia e metrica greca? O vecchie annate di Topolino?

Sono certo che molti proverebbero a sedurti solo per sciogliere questo mistero.

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