05 ottobre 2015 17:30

Negli Stati Uniti esiste un piccolo ma significativo numero di voci che prevedono una guerra con la Cina. Il mensile The Atlantic ha dato credito a una simile ipotesi con un articolo ricco di teoria geopolitica. La teoria in questione è la “trappola di Tucidide”.

Il suo autore è Graham Allison dell’università di Harvard ed è l’uomo al quale si deve quest’espressione. Nel quinto secolo lo storico Tucidide ha spiegato la guerra del Peloponneso nei seguenti termini: “Furono l’ascesa di Atene e i timori che essa suscitò in Sparta a rendere la guerra ineluttabile”. La guerra durò vent’anni e le due grandi potenze dell’antica Grecia ne uscirono entrambe fortemente indebolite.

Eppure, secondo Tucidide, non ci fu un motivo particolare che le spinse a dichiararsi guerra. Il problema era che Atene stava diventando più potente di Sparta (proprio come oggi sta accadendo alla Cina rispetto agli Stati Uniti), e questo semplice fatto fu sufficiente a scatenare il conflitto. La Cina e gli Stati Uniti sono quindi condannate a dichiararsi guerra nel prossimo decennio?

Ma è davvero così importante sapere quale dei due paesi è più potente?

Graham Allison non è così ingenuo da spingersi a fare una previsione così difficile. Però mette in evidenza il fatto che in passato su sedici casi in cui
in cui una grande potenza si stava rafforzando e quella rivale temeva di essere relegata in seconda posizione, dodici si sono conclusi con una guerra.

Simili previsioni e formule hanno un impatto sul mondo reale. Quando il presidente cinese Xi Jinping è arrivato a Seattle due settimane fa, all’inizio della sua visita negli Stati Uniti, si è sentito obbligato a rispondere all’articolo di Allison. “Nel mondo non esiste alcuna trappola di Tucidide”, ha dichiarato Xi. “Ma se i grandi paesi continuano a fare calcoli strategici errati, potrebbero trovarsi ingabbiati in simili trappole”.

Di sicuro non poteva dire: “Sì, siamo destinati a farci la guerra”. Ma è evidente che una prospettiva del genere preoccupa i leader cinesi (e quelli statunitensi), e paradossalmente queste preoccupazioni rendono più probabile tale prospettiva, poiché finiscono per mettere la questione del “più forte” in cima ai ragionamenti.

Ma è davvero così importante sapere quale dei due paesi è più potente? In fondo la Cina e gli Stati Uniti non confinano l’uno con l’altro, non si contendono nessun territorio e sono divisi dal più grande oceano del mondo. Molte persone in entrambi i paesi direbbero di no, però entrambi i paesi possiedono dei complessi militari-industriali-accademici che prosperano sfruttando la minaccia di un conflitto.

Presupposti discutibili

Ovviamente, in caso di un vero conflitto nessuno ne trarrebbe beneficio. Ma durante i quarant’anni di guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti la prospettiva di una guerra ha dato lavoro a milioni di persone nell’esercito, nell’industria militare, in varie università e centri di ricerca.

L’eventualità di una guerra tra Cina e Stati Uniti garantisce già un ottimo stipendio a molte persone. Se la percezione della minaccia della guerra dovesse crescere, salirebbe anche il numero di esperti cinesi o statunitensi pagati per occuparsene. Per questo vale la pena prendere in considerazione i presupposti di Allison e chiedersi se siano fondati.

Il primo presupposto è che la Cina supererà definitivamente gli Stati Uniti nel prossimo decennio. L’altro è che è ancora probabile che simili passaggi di testimone tra grandi potenze si concludano con una guerra. Nessuno dei due presupposti, però, è indiscutibile.

Negli altri due miracoli dell’Asia orientale, l’epoca della crescita al 10 per cento è finita dopo trent’anni

Per diventare dominante, la Cina ha bisogno del suo attuale tasso di crescita del 7 per cento annuo (che è comunque inferiore al passato). Un tasso simile è pur sempre il doppio di quello statunitense e, grazie alla magia degli interessi composti, sarà più che sufficiente perché la prospettiva si avveri.

Ma in Giappone e in Corea del Sud, gli altri due miracoli economici dell’Asia orientale, l’epoca della crescita al 10 per cento è finita dopo trent’anni. In seguito la crescita nei due paesi si è assestata al livello di quella dei paesi industrializzati, e nel caso del Giappone perfino al di sotto.

Adesso anche la Cina è prossima allo scoglio dei trent’anni. Forse i suoi dirigenti si riveleranno più abili e il paese riuscirà a non fare la stessa fine, anche se i suoi recenti e maldestri tentativi di sostenere il mercato azionario suggeriscono il contrario.

La maggior parte degli osservatori ritiene che quest’anno la crescita economica della Cina sia già inferiore al 7 per cento, forse al 4 per cento o anche meno. Nessuno degli altri miracoli dell’Asia orientale è mai riuscito a rimettersi sui binari dello sviluppo rapido dopo esserne uscito. Con una crescita del 4 per cento o inferiore, sarebbe impossibile per la Cina sorpassare gli Stati Uniti in un prossimo futuro.

Per quanto riguarda invece i 12 casi su 16 che si sono conclusi con una guerra, la proporzione è esatta. Ma secondo gli stessi dati proposti da Allison, tre dei quattro casi che non si sono conclusi con una guerra sono i tre più recenti e sono quelli che riguardano l’ultimo mezzo secolo.

Forse le grandi potenze non si sono dichiarate guerra grazie all’efficacia delle istituzioni internazionali. Forse l’esistenza delle armi atomiche ha consigliato di essere più prudenti. O forse sono vere entrambe le cose. Ma una guerra tra la Cina e gli Stati Uniti non è ineluttabile. E potrebbe anche non essere molto probabile.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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