08 novembre 2016 11:57

Chiunque s’interessi un po’ di psicologia avrà sentito parlare dell’effetto Dunning-Kruger: la distorsione cognitiva a causa della quale una persona incompetente lo è a tal punto da non accorgersi di esserlo (un esempio classico è quello del rapinatore di una banca che si meraviglia di essere stato preso perché pensava che passarsi del succo di limone sulla faccia l’avrebbe reso invisibile alle telecamere di sicurezza). È un tipo di eccessiva fiducia in se stessi che spaventa particolarmente perché non riguarda solo le persone di talento che si sopravvalutano, ma anche persone che pur non avendo nessun talento pensano di averne a dismisura.

Il fenomeno probabilmente è vecchio quanto l’umanità, ma leggendo o guardando le notizie più recenti in arrivo da entrambe le sponde dell’Atlantico è difficile non pensare che stiamo superando una qualche soglia. Gli storici del futuro potrebbero riferirsi alla nostra epoca come a quella di Dunning-Kruger.

Il caso più ovvio, neanche a dirlo, è quello di un certo misogino protofascista che (almeno nel momento in cui scrivo) vorrebbe diventare presidente degli Stati Uniti. Il problema non è solo che non saprebbe governare, ma che non se ne rende conto. Anche i politici britannici tanto sicuri di poter gestire il risultato del referendum sulla Brexit – da Cameron a Gove e da Johnson a May – sembrano corrispondere a questa descrizione. Ma il pericolo più grosso è pensare che l’effetto Dunning-Kruger non si possa applicare a noi (in fondo, il punto della questione è proprio questo).

Chiusi nella bolla
Perciò tutti quelli di noi che ritenevano impossibili la Brexit o la nomination di Donald Trump dovrebbero cominciare a chiedersi: non è che per caso eravamo così male informati sul mondo al di fuori della nostra bolla da essere troppo sicuri che il nostro giudizio fosse condiviso da tutti?

Uno dei motivi per cui di questi tempi l’effetto Dunning-Kruger sembra onnipresente, ha commentato qualche tempo fa il suo coideatore David Dunning, è l’eco dei mezzi d’informazione: non solo le persone sono disinformate, ma “la loro testa è continuamente riempita di dati, fatti e teorie falsi che possono portare a conclusioni sbagliate che poi sosterranno con tenace sicurezza ed estrema partigianeria”. Per quanto poi riguarda l’ottimismo dei nostri politici, viene in mente un pensiero ancora più allarmante: e se il mondo moderno fosse così complesso, così imprevedibile, che gli unici politici capaci di proiettare la necessaria sicurezza si stessero, quasi per definizione, illudendo?

Lo scrittore Sam Harris qualche tempo fa ha detto che alla presidenza degli Stati Uniti preferirebbe vedere una persona scelta a caso anziché Trump. È difficile dargli torto. Almeno l’americano scelto a caso sarebbe terrorizzato all’idea di essere assolutamente impreparato e quindi si affiderebbe agli esperti.

Come ho già detto, può essere liberatorio pensare che tutti sappiano di essere impreparati. Altrimenti dovremmo presumere di essere gli unici ad avere dei dubbi su noi stessi. Ma c’è una bella differenza tra chi si rende conto di non essere all’altezza di una situazione e chi non lo capisce proprio. I politici sono spesso accusati di comportarsi come bambini. Ma cerchiamo di essere più precisi. I politici della nostra epoca di Dunning-Kruger si comportano come gli adolescenti negli stereotipi (che probabilmente è ingiusto nei confronti di molti adolescenti): sono assolutamente sicuri di sapere tutto proprio perché non sanno tutto.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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