02 febbraio 2017 15:45

“Vi faremo il favore peggiore: vi priveremo di un nemico”, aveva detto nel 1989 un consigliere diplomatico di Michail Gorbačëv. Oggi il nuovo presidente statunitense Donald Trump sta facendo agli europei il favore opposto, cioè gli sta offrendo un nemico?

I primi giorni di Trump alla Casa Bianca sono stati un fuoco d’artificio. Non è passato un giorno senza un decreto presidenziale: il Messico, l’aborto, il libero scambio, il divieto d’accesso per i cittadini di sette paesi musulmani.

L’Europa si è così resa conto che, contrariamente a quanto speravano in molti, il Trump presidente non è molto diverso dal Trump candidato, tweet compresi. E che i suoi più stretti collaboratori, a cominciare dal direttore di Breitbart Steve Bannon, entrato nel consiglio nazionale di sicurezza degli Stati Uniti, hanno una forte influenza su di lui.

La tempesta scatenata sui social network dal cosiddetto muslim ban ha convinto gli europei a uscire dal loro silenzio diplomatico. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha dato l’esempio, raccontando che durante il loro colloquio telefonico aveva spiegato a Trump come funziona il diritto d’asilo secondo la convenzione di Ginevra. Due milioni di britannici hanno firmato una petizione, sostenuta dal sindaco di Londra Sadiq Khan, per impedire a Trump di entrare nel Regno Unito finché il muslim ban resterà in vigore.

Il fan club nel continente
Trump ha fatto quello che i leader europei cercano da anni di evitare: trasformare tutto l’islam in nemico, cadendo così nella trappola dello “scontro di civiltà” tesa agli occidentali dai jihadisti. Molti cittadini europei nati nei paesi presi di mira dal decreto e poi fuggiti dalla persecuzione o dalla guerra sono tra le vittime di questo provvedimento arbitrario.

Trump fa quasi tutto di testa sua, mettendo in pratica il suo slogan “L’America prima di tutto”, che significa che gli alleati degli Stati Uniti, compresi quelli che fanno parte della Nato, saranno costantemente messi di fronte al fatto compiuto di decisioni che hanno conseguenze anche per loro.

I governi e buona parte dell’opinione pubblica europea lo considerano un leader pericoloso e imprevedibile, ma può contare su un suo fan club nel continente. Il suo programma è infatti decisamente gradito ai movimenti populisti e di estrema destra europei. In Francia Marine Le Pen, presidente del Front national, ha dichiarato che il presidente statunitense non fa che applicare quello che lei auspica da anni, mentre la Lega nord ha chiesto che il divieto d’ingresso ai musulmani sia applicato anche in Italia.

È probabile che anche una parte dell’estrema sinistra osservi con invidia il modo in cui Donald Trump ordina alle grandi aziende di creare posti di lavoro negli Stati Uniti, un atteggiamento molto lontano dai regali fatti alle aziende, come accaduto in Francia con il governo socialista.

La costruzione europea rischia davvero di crollare sotto i violenti attacchi di Trump e Putin

Ma continuando a questo ritmo Trump rischia di diventare uno spauracchio, soprattutto data la polarizzazione che sta creando all’interno della società statunitense. E anche se è troppo presto per giudicare l’efficacia economica e sociale del suo protezionismo, rischia di creare più ostilità che entusiasmo in un’Europa trattata con disprezzo e ostilità dalla Casa Bianca, se si esclude la Brexit del Regno Unito considerata un modello da imitare.

Con le spalle al muro
Le dichiarazioni del futuro ambasciatore degli Stati Uniti presso le istituzioni europee a Bruxelles, Ted Malloch, secondo cui l’Unione europea è una struttura “da abbattere” come l’Unione Sovietica, hanno provocato sorpresa e sgomento. Ma riflettono abbastanza fedelmente le opinioni della nuova classe dirigente di Washington, che fin dalla foto di Trump con l’ispiratore della Brexit, Nigel Farage, si mostra particolarmente ostile nei confronti della costruzione europea.

Gli europei (a eccezione dei britannici e di alcune democrazie “illiberali” dell’Europa centrale e orientale) sono ormai con le spalle al muro. Sono tre anni che accumulano sconfitte, errori e fallimenti, incapaci del sussulto d’orgoglio che potrebbe evitare la catastrofe. Dopo che non sono stati in grado di unirsi per affrontare le crisi degli ultimi anni (Grecia, rifugiati, terrorismo e così via), troveranno l’energia e le risorse necessarie per fronteggiare un nemico che è ancora più temibile se si pensa che è anche il loro principale alleato, almeno in teoria?

Il calendario è delicato: francesi e tedeschi hanno moltiplicato i contatti negli ultimi giorni, ma quanto valgono le parole del ministro degli esteri francese Jean-Marc Ayrault, che non sarà più in carica fra tre mesi, di fronte a tutte le incertezze che accompagnano le presidenziali francesi? E nemmeno la Germania avrà le mani libere prima delle legislative di settembre.

È sempre pericoloso parlare di “ultima chance”, perché la storia è raramente così semplice, ma è chiaro che la costruzione europea, che lo scrittore spagnolo Javier Cercas ha definito “la nostra sola utopia ragionevole”, rischia davvero di crollare se alla mancanza di unità interna si aggiungono i violenti attacchi di Trump e Putin.

Può bastare un buon nemico per ritrovare il senso di coesione? No, ma è un primo passo. Anche solo per questo, forse gli europei un giorno potranno ringraziare Donald Trump.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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