11 aprile 2016 15:39

A una settimana dall’entrata in vigore del controverso accordo sui profughi tra Unione europea (Ue) e Turchia, che prevede il respingimento in territorio turco dei migranti entrati irregolarmente in Grecia, è possibile fare un primo parziale bilancio. Trecentoventisei migranti sono stati rimpatriati in Turchia. Nel frattempo il numero di richieste d’asilo in Grecia è esploso: pur di non farsi rimandare indietro, molti hanno deciso di presentare domanda nel paese ellenico, che è così passato da luogo di transito a destinazione dei flussi migratori. La Grecia ha difficoltà a gestire questa nuova situazione: migliaia di richiedenti asilo sono bloccati sulle isole di Lesbo e Chio, in attesa che le loro richieste siano esaminate.

Ma l’accordo potrebbe avere un altro effetto collaterale, che riguarda più da vicino l’Italia. Come sempre accade, la chiusura di una rotta non interrompe il flusso di persone in movimento, ma si limita a spostarlo. La settimana scorsa una nave partita dall’Egitto è stata soccorsa in alto mare dai mezzi della guardia costiera italiana: a bordo c’erano per lo più etiopi, eritrei, somali, egiziani e siriani. È la prima nave che prende questa rotta nel corso del 2016 ed è la prima volta da diversi mesi che vengono registrati dei siriani che arrivano da quella destinazione.

La rotta mediterranea è più pericolosa

È presto forse per dirlo ma questa potrebbe essere un’avvisaglia di una tendenza destinata ad affermarsi nei prossimi mesi. Se molti siriani dovessero spostarsi dalla Turchia e percorrere le rotte che partono dall’Egitto e dalla Libia attraverso il canale di Sicilia, come avveniva fino al 2014, si avrà un aumento considerevole di arrivi sulle coste italiane. Ma soprattutto si avrà un enorme incremento del numero di morti: secondo i dati di uno studio pubblicato dalla rivista The Conversation, quella rotta è venti volte più letale di quella tra Grecia e Turchia.

Tra una settimana si celebrerà il primo anniversario del naufragio del 18 aprile 2015, che con i suoi circa 800 morti è stato il più letale incidente in mare dalla seconda guerra mondiale. Allora i leader europei riuniti a Bruxelles avevano gridato “mai più” e avevano rafforzato il dispositivo di ricerca e soccorso noto con il nome di Triton. A un anno di distanza, quegli appelli sembrano ormai dimenticati. Tutti sembrano focalizzarsi sull’accordo tra Unione europea e Turchia. Perdendo di vista le centinaia di vittime collaterali che quell’accordo probabilmente produrrà nel Canale di Sicilia.

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