01 ottobre 2014 07:00

Ignorare il suo parere sarebbe sbagliato. Dominique de Villepin aveva ragione quando provò a bloccare l’invasione dell’Iraq da parte di George W. Bush, e dunque dobbiamo prestare la massima attenzione ai suoi ragionamenti sulla nuova guerra contro lo Stato islamico.

Su Le Monde, l’ex primo ministro francese ha spiegato che questa guerra non si può vincere, sarebbe una missione suicida e sancirebbe “una virata della Francia verso un militarismo democratico e occidentalista, che rivelerebbe i dubbi di Parigi sul suo futuro e sulla sua vocazione”. De Villepin sottolinea che l’eventuale distruzione del gruppo jihadista non scongiurerebbe l’emergere di altri pericoli in Medio Oriente. Secondo lui la soluzione migliore è soffocare l’organizzazione prosciugando le sue risorse finanziarie e privandola del sostegno dei sunniti iracheni, che la appoggiano solo perché sperano di riconquistare i loro diritti in un paese dominato dalla maggioranza sciita.

Su questi punti l’ex premier ha perfettamente ragione. A prescindere dalle bombe, infatti, i jihadisti saranno sconfitti solo quando non potranno più vendere il petrolio proveniente dai giacimenti di cui si sono impossessati, non potranno reclutare giovani nei cinque continenti e saranno stati abbandonati dai sunniti, a cui saranno state offerte reali garanzie sul loro ruolo in Iraq.

Sono tutte priorità, ma proprio per questo i pozzi di petrolio vengono sistematicamente bombardati, la sorveglianza dei circuiti di reclutamento è stata considerevolmente rafforzata e Stati Uniti e Francia si sono rifiutati di intervenire prima dell’insediamento di un nuovo governo iracheno più aperto ai sunniti. Tutti questi sforzi non bastano ancora, ma sono necessari.

Cosa sarebbe accaduto se l’occidente non avesse cominciato i bombardamenti? La risposta è semplice: lo Stato islamico avrebbe rafforzato la sua presenza in Iraq e il suo prestigio tra le potenziali reclute, rendendo ancora più difficile la sua sconfitta. Le bombe non sono una soluzione in sé, ma questo intervento era assolutamente imprescindibile e urgente.

De Villepin sottintende che la Francia va a rimorchio degli Stati Uniti, ma in questo ha torto. Dal punto di vista politico è esattamente il contrario, perché è la Francia ad aver chiesto invano agli Stati Uniti di intervenire in Siria, ed è sempre Parigi che oggi è riuscita a mobilitare Washington contro un’organizzazione a cui non bisognava permettere di trasformarsi in uno stato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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