16 luglio 2020 15:55

Introduzione

Nel marzo 2019 il quotidiano francese Le Monde ha creato una squadra investigativa di una decina di giornaliste e giornalisti per indagare sui circa 120 femminicidi commessi nel 2018 in Francia (in Italia nello stesso periodo i femminicidi sono stati 73, secondo l’Istat). Circa la metà dei femminicidi quell’anno è stata commessa dal compagno o dall’ex compagno della donna. Ma le cifre sono costanti nel tempo: quasi 1.400 donne francesi sono state uccise in un decennio dal loro uomo o dall’ex partner, nella maggior parte dei casi al momento della separazione. Per quasi un anno i reporter hanno intervistato parenti delle vittime, vicini di casa, avvocati, magistrati ed esplorato atti giudiziari alla ricerca di schemi ricorrenti per capire meglio la specificità di questo tipo di crimini e dei comportamenti e dei segnali che li precedono. Il giornale ha quindi ricostruito con una lunga inchiesta il femminicidio di Laetitia Schmitt, uccisa nel 2018 dal marito da cui stava divorziando e che esercitava su di lei un controllo assoluto da molti anni. E nel video In trappola, dalla sottomissione psicologica al femminicidio si racconta, attraverso le testimonianze di donne che ne sono uscite e di esperti, quel processo di soggiogamento da parte dei partner, “la morsa”, che precede spesso la violenza fisica, e che porta le donne a sentirsi sole e incomprese, spesso anche per mancanza di ascolto da parte delle autorità.

Il 25 giugno, guardando la strada dalla porta di casa, Clément Robert (il nome è stato cambiato) osserva che l’automobile bianca con la targa del sud della Francia è ancora là. Come il giorno prima, è un po’ nascosta in fondo alla strada. Si dice che è strano, in questo quartiere di Schweighouse-sur-Moder (Basso Reno, Francia orientale) i visitatori sono rari e di solito parcheggiano davanti alle case.

A pochi numeri civici di distanza, al 22, cité des Houblons, Laetitia Schmitt prepara la colazione dei suoi due figli di 11 e 12 anni. Il più grande riceve un messaggio dal padre: “Ciao ragazzi, passate una buona giornata, vi amo tanto”. Laetitia prende l’auto verso le otto per portare la più piccola a scuola. È un percorso breve, interrotto da una breve chiamata del marito. Un po’ prima delle 10, la donna accompagna il maggiore alla scuola media. Di ritorno parcheggia l’auto in cortile, scende e prende la piccola scala che porta alla sua abitazione.

Dall’altro lato della strada una donna alla finestra osserva che la vicina non è sola, c’è anche il marito. In un primo momento pensa a un abbraccio, ma poi accostandosi al vetro della finestra vede il corpo di Laetitia che si tira indietro. La vicina non osa uscire, ha visto un coltello. Chiama aiuto. Dalla sua cucina anche Clément Robert sente le urla. Si precipita fuori e incrocia l’uomo con il coltello che si allontana sconvolto.

A sei chilometri da qui Lucie Bauer sente un messaggio via radio: una donna è stata accoltellata a Schweighouse-sur-Moder. La giovane gendarme non è di pattuglia ma mossa da uno strano presentimento infila il giubbotto antiproiettile e dice al suo superiore di voler andare a vedere. In auto sente l’indirizzo: 22, cité des Houblons. Contro ogni evidenza continua a ripetersi: “Non è possibile”.

Quando arriva (sette minuti dopo la chiamata della vicina), la solita folla di curiosi si è già ammassata intorno alla casa. Un silenzio strano regna sotto un cielo di un blu incredibile.

Anche se è una gendarme, quando Lucie Bauer riconosce la donna stesa per terra, vacilla. È proprio lei, Laetitia Schmitt, moglie di Julien Griffon, nata il 26 giugno 1982 a Strasburgo. Il 26 giugno è domani, pensa Bauer. Si inginocchia vicino alla donna: “È Julien che le ha fatto questo?”. Schmitt ha il tempo di rispondere “sì”, prima che gli infermieri la portino via sulla barella.

In strada i vicini confermano l’identità dell’aggressore: era proprio il marito di Laetitia. Clément Robert ripete in lacrime: “Aveva cambiato auto. Se avessi riconosciuto l’automobile l’avrei avvertita. Laetitia mi aveva detto che non aveva più il diritto di avvicinarla”.

Prima di Julien
Julien Griffon e Laetitia Schmitt si erano incontrati 19 anni prima. Julien aveva 17 anni. Apprendista nel settore della ristorazione, sbarcava il lunario passando da un lavoretto all’altro e parlava con rabbia della sua infanzia, sballottato tra genitori separati, uno a Parigi e l’altro in Alsazia. Laetitia aveva 16 anni e stava per ottenere un diploma da segretaria. Era molto allegra e bella. “Da far girare la testa”, dicevano gli adulti di questa ragazza bruna, discreta, che si nascondeva dietro i lunghi capelli castani e i sottili occhiali da vista. Amava la vita all’aria aperta, i romanzi sentimentali e le interminabili estati a Conversano, il villaggio d’origine di sua madre in Puglia. Dotata per il pianoforte, aveva frequentato il conservatorio qualche anno prima. Era “felice di vivere”, “adorava cantare” e “ascoltava in continuazione Musica è di Eros Ramazzotti”.

Tutto questo “prima di Julien”, dicono i suoi amici. Ricordi vaghi, nascosti dall’immagine più recente di una Laetitia “spenta”, “pallida”, “dimagrita”, “priva di entusiasmo”, “incredibilmente triste”.

La casa in cui abitava Laetitia Schmitt, davanti alla quale è stata uccisa. Marzo 2020. (Camille Gharbi per Le Monde)

Quando si erano incontrati a una festa di compleanno nel gennaio 1999, Laetitia e Julien si erano subito follemente innamorati l’una dell’altro. I primi mesi Laetitia telefonava tutti i giorni, alla stessa ora, a Julien. Lui l’aspettava tutte le sere sotto l’ufficio dove lei faceva il suo stage. Dopo qualche mese Julien è andato a vivere nell’appartamento degli Schmitt, nel centro di Strasburgo. Jean-Marc, il padre, non era molto a suo agio con questa “coppietta” sempre chiusa nella camera di Laetitia, ma si diceva che era una cosa da giovani innamorati. Dopo tutto anche lui aveva incontrato sua moglie, Tina, molto giovane.

A 18 anni Laetitia e Julien erano andati a vivere insieme ed erano diventati una coppia molto unita. Laetitia si era abituata alle domande insistenti del suo ragazzo: voleva sapere come passava le sue giornate di lavoro, conoscere i suoi spostamenti, le sue amiche. All’inizio questa attenzione le faceva piacere, significava che lui si interessava a lei. All’epoca si permetteva ancora di uscire da sola. Non molto spesso, perché a lui non piaceva e d’altra parte una coppia condivide tutto.

Una sera nel 2005, invitata a una grigliata con i colleghi, Laetitia decide di andarci contro il parere di Julien. “Ho dimenticato di richiamarlo e quando sono rientrata si è immaginato che l’avessi tradito”, racconterà dodici anni dopo ai gendarmi. “Si è mostrato violento verbalmente e mi ha stretto con le mani diverse volte. A causa di questa pressione psicologica ho preferito lasciare il mio lavoro”.

Il controllo totale di Julien su sua moglie si è sviluppato progressivamente

Un anno dopo, nel 2006, Laetitia ritrova un posto come segretaria amministrativa. È incinta. Jean-Marc ricorda che in quel periodo Julien aveva detto qualcosa come: “Io non vado a lavorare per farmi degli amici”, ma il padre di Laetitia non aveva fatto il collegamento con il fatto che Laetitia cambiava regolarmente lavoro. Poi Julien ha cominciato a lamentarsi con lui: “Veniva da noi per lamentarsi che Laetitia rientrava troppo tardi dal lavoro. Diceva che era perché voleva vedere i ragazzi. In quel periodo avevo smesso di fumare, ma ho ricominciato. Se non avessi ripreso gli avrei spaccato la testa”.

Una sera Julien non si presenta e Jean-Marc si dice: “Ah, finalmente, ha capito che erano tutte idee infondate”. Ma alle 11 di sera riceve una telefonata della polizia: “Venga per favore, ci sono dei problemi a casa di sua figlia”. Julien, persuaso che Laetitia lo tradisse con un collega, aveva messo a soqquadro l’appartamento. Il giorno dopo Laetitia chiede ai genitori di non farne una tragedia. “Ha detto che Julien si era arrabbiato perché non aveva un lavoro. Ma io non ero d’accordo con lei”, si ricorda Jean-Marc. Dopo questo episodio gli Schmitt non rivedono la figlia per vari mesi. Quando li richiama, dopo la nascita di suo figlio, la ragazza pone una condizione: la riconciliazione si dovrà fare anche con Julien. Il messaggio è chiaro: la sua coppia è intoccabile.

In un paese straniero
Quando nasce la loro figlia, nel 2007, alla coppia sembra normale che Laetitia smetta di lavorare per occuparsi dei bambini. Nel 2008 traslocano a Schweighouse-sur-Moder, a 35 chilometri da Strasburgo. È la “campagna”, dicono gli strasburghesi di questa cittadina residenziale, circondata da foreste e da campi. Laetitia, che ha sempre sognato una famiglia con una casa e un giardino, è molto felice. Il 26 giugno 2010, il giorno del suo ventottesimo compleanno, Julien la sposa. Una festa molto semplice a Vendenheim con una cinquantina di invitati. Laetitia è bella nel suo vestito bianco. “Per lui il matrimonio significava che quella brutta storia (quella della grigliata del 2005) era ormai alle spalle e che mi aveva perdonato”, confiderà Laetitia ai gendarmi nel 2017.

Il controllo totale di Julien su sua moglie si è sviluppato progressivamente. In un primo momento ha cominciato a consultare il suo telefono: quando ci si ama ci si dice tutto. Poi ha cominciato a leggere i suoi sms e le sue email, a consultare il registro delle sue chiamate e a controllare le bollette. Julien ha anche scaricato un’applicazione sul telefono di Laetitia per seguire i suoi spostamenti e le ha proposto di fare lo stesso. Per i conti in banca l’ha convinta che è più pratico averne uno solo, che questo l’avrebbe liberata da inutili formalità.

Jean-Marc Schmitt, padre di Laetitia, nella sua casa a Strasburgo. Marzo 2020. (Camille Gharbi per Le Monde)

Poi ha cominciato a togliere dal suo armadio quello che gli sembrava indecente, a gettare nella spazzatura le gonne troppo corte, le camice troppo scollate. La biancheria intima di pizzo è autorizzata solo nei weekend, quando Laetitia non esce. Per i giorni in cui va a lavorare Julien le impone di indossare della biancheria di cotone color carne, che compra lui stesso. Laetitia comincia anche a truccarsi di meno, per non essere accusata di fare la civettuola. Poi le impedisce di uscire da sola, se non per andare a lavorare. “Anche per la sua tomba ho fatto fatica a trovare una foto di Laetitia da sola, senza di lui”, dice il padre.

Lei li chiamava “sbalzi d’umore”, e aveva imparato a tenerli per sé. È stato il suo corpo che ha cominciato a parlare

Tutte le cose che gli altri facevano senza pensarci – andare in palestra, decidere all’ultimo momento di andare a bere una cosa insieme ai colleghi all’uscita dall’ufficio, programmare un cinema con gli amici – Laetitia non le faceva più da così tanto tempo, che ormai non le mancavano più. Era un po’ come vivere in un paese straniero. Dopo il lavoro, la ragazza tornava direttamente a casa senza fermarsi. In caso di traffico sapeva di dover avvertire Julien. Lui era apprensivo e non voleva che si preoccupasse o che pensasse che aveva incontrato un altro uomo.

Quando lui si arrabbiava Laetitia aveva imparato a tacere. A non rispondere, a non muoversi, a non protestare e soprattutto a non alimentare quel fuoco che covava nel suo sguardo. A chiudersi in se stessa come strategia di sopravvivenza, in attesa che la tempesta passasse. E passava sempre. Lei li chiamava i suoi “sbalzi d’umore”, e aveva imparato a tenerli per sé. È stato il suo corpo che ha cominciato a parlare. Ha cominciato a sussultare a ogni rumore. Ha cominciato a evitare gli angoli e a mettersi sempre davanti a una porta. “Per poter fuggire”, spiegherà a suo padre quando si renderà conto della situazione, nella primavera del 2018.

Guerra in famiglia
Per una decina di anni la coppia è riuscita a ingannare gli altri. Erano belli; lei dolce e sorridente, lui ombroso e sicuro di sé, come una coppia di un film. Tutti si congratulavano per la loro casa sempre perfettamente ordinata, pulita, profumata, linda, immacolata. Non ci si stupiva più “delle loro stranezze”, come le chiamava lei: il suo modo così particolare di seguirla con gli occhi, la sua sempre più grande discrezione. Senza tracce di violenza nessuno ha pensato a dei segni di maltrattamento. “Quando li vedevamo alle feste di famiglia, c’era sempre un po’ di tensione”, ricorda il padre. Una volta Laetitia ha rovesciato una tazza o un bicchiere, suo padre non ricorda bene, ma ha visto lo sguardo del genero e il corpo della figlia irrigidirsi. È durato pochi secondi. Julien limitava la sua guerra all’intimità della famiglia. Anno dopo anno la sua ossessione di controllare la vita di Laetitia è aumentata gradualmente fino a culminare in una ferocia senza limiti, nella primavera del 2017.

All’epoca sono ormai tre anni che Laetitia Griffon, come tutti la chiamano, è contabile in un istituto pubblico a Schiltigheim, a 30 chilometri da casa. È la prima volta che Laetitia rimane così a lungo con lo stesso gruppo di colleghi, si sente bene ed è diventata molto amica di Marjorie Studer, la sua collega d’ufficio. Marjorie è un vero e proprio tornado biondo, libera e sicura di sé, appassionata di cavalli e di viaggi, cresce da sola suo figlio. Ed è anche tanto chiacchierona ed estroversa quanto Laetitia è timida e riservata. “Era divertente e molto gentile”, dice Marjorie. “Anche senza essere civettuola, era bella. Tutti la guardavano”.

In estate, mentre al lavoro tutte le sue colleghe indossano vestiti leggeri o calzoncini, Laetitia continua a venire con i jeans e delle maglie a maniche lunghe. Certi giorni mette un foulard intorno al collo e si mette un cuscino termico dietro la nuca. Marjorie si rende conto della gravità della situazione quando un lunedì, guardando le sue unghie, la ragazza comincia a tremare: “Ho dimenticato di togliere lo smalto”. Laetitia le spiega che non ha il diritto di metterlo quando va in ufficio. È così turbata che Marjorie rinuncia a dirle quello che pensa. E si limita a comprare del solvente durante la pausa pranzo.

A sinistra: Jean-Marc Schmitt, il padre di Laetitia. A sinistra: una foto di Laetitia Schmitt nella casa dei suoi genitori. Marzo 2020. (Camille Gharbi per Le Monde)

Dopo questo episodio, la ragazza comincia a parlare a Laetitia di uomini che non frugano nella borsa delle loro ragazze la sera e che non lanciano i piatti contro il muro perché le lasagne sono troppo cotte. Quando Marjorie scopre nella primavera del 2017 i nuovi ordini imposti alla sua amica – mandare una foto alla pausa pranzo per mostrare che non è con un uomo e stampare le sue email per provare che ha effettivamente una riunione di lavoro – le dice chiaramente che non è normale, ma Laetitia le dà la sua risposta rituale: “Ma sai, viviamo così da quando ci conosciamo”.

Ma qualcosa è cambiato. Julien sente che Laetitia è più felice. Una sera di marzo scopre che Laetitia aveva aggiunto uno dei suoi giovani colleghi su Snapchat, l’unico social network che le permette di avere perché gli Schmitt ci scambiano notizie sulla loro famiglia. Quando vede il nome di questo ragazzo tra i suoi contatti, Julien vuole che cancelli il suo account. Ai gendarmi la ragazza dichiarerà: “Questa cosa gli ricordava la storia di undici anni fa”.

Cinque mesi di notti in bianco e botte
A casa, dopo questa storia su Snapchat, Julien le fa vivere un inferno. Si rimette a parlare di un’avventura che Laetitia avrebbe avuto con un collega alla grigliata del 2005. Tira fuori le bollette telefoniche di 12 anni prima con l’elenco delle sue conversazioni telefoniche. Notti intere passate a interrogarla: che cosa si raccontavano? Una sera le dà uno schiaffo, il giorno dopo un altro. E ogni volta Julien si scusa e si mette a piangere. Laetitia, stremata, gli propone di farsi tatuare il suo nome per provargli il suo amore. O forse è lui a suggerirglielo, non lo sappiamo. Comunque Julien un giorno l’accompagna in uno studio di tatuaggi a Waltenheim-sur-Zorn.

Poi lui ricomincia. Marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, cinque mesi di notti in bianco e di botte. Cerca di non colpirla sul volto. Laetitia può nascondere i lividi sotto i vestiti e le tracce di strangolamento sotto i foulard, ma non può tornare a lavorare con una guancia violacea. Con il passare del tempo la donna prende sempre più giorni di malattia. In quei giorni lui rimane accanto a lei e smette il suo lavoro di giardiniere in un campo di golf a La Wantzenau. Questo significa che rimarrà a casa tutto il giorno e che per Laetitia non ci sarà tregua.

Julien riprende a fare come prima, a dire “il tuo lavoro di merda”. Di fatto il suo lavoro, il luogo in cui era più al sicuro, rappresenta per lui il pericolo maggiore di perderla. Per lui Marjorie è diventata una rompiscatole, la prova vivente che quelle che rimangono fino a tardi nei corridoi degli uffici sono tutte ragazze single, infedeli, puttane. “È arrivato al punto di vietarle di parlarmi al di fuori delle ore di lavoro”, racconta Marjorie. In luglio Laetitia va a portare il suo gatto da lei per le vacanze. Julien è con lei, da “uomo premuroso”, Laetitia è sfuggente e i bambini “silenziosi”. Un’atmosfera che non è piaciuta a Marjorie, come dirà in seguito.

Quell’estate tutta la famiglia al completo va in Puglia per un matrimonio. E sotto il sole cocente di Conversano la famiglia Schmitt capisce che qualcosa non va. In spiaggia Laetitia, in boxer e maglietta, rimane sul suo asciugamano, la schiena curva. Per le strade del paese cammina a testa bassa. La sera del matrimonio, quando Laetitia ha abbracciato suo fratello Cédric, l’altro fratello Nicolas vede chiaramente Julien impallidire, prenderla per il braccio e dirle: “Sono io tuo marito”. Un pomeriggio sulla spiaggia Julien quasi rompe la faccia a un tipo, convinto che stia filmando Laetitia con il suo telefono. “In Italia c’è stato un episodio di violenza”, ricorda Laetitia davanti ai gendarmi. “Il suo discorso era sempre lo stesso: ‘(…) sono provocante, guardo tutti gli uomini e così via’. Durante quella litigata i bambini erano nella camera accanto”.

Il video di Le Monde su violenza domestica e femminicidio


Di ritorno a Schweighouse-sur-Moder, il 17 agosto, Julien suggerisce a Laetitia di passare un weekend a casa da soli. “Non ero a mio agio”, dirà ai gendarmi quando racconterà quella serata. Laetitia si rende conto che la situazione si mette male quando Julien comincia ad assillarla di domande. Lei ha paura di quello che succederà perché lo ha già fatto: le mette le mani intorno al collo e stringe come un pazzo finché la sua testa sbatte per terra. “Gli chiedo di accompagnarmi al pronto soccorso di Haguenau. Soffrivo molto, ma non sono riuscita a entrare nell’ospedale, avevo paura che mio marito avesse dei problemi”. Di ritorno a casa lui l’abbraccia e la cura. Sabato la porta da Auchan per comprare del fondotinta e della crema per le occhiaie. Bisogna nascondere i danni sul volto: il giorno dopo la coppia è invitata a un battesimo.

Tornando a casa dopo la cerimonia, Julien non la lascia in pace un momento. Continua a tornare su quella vecchia storia del 2005. Le dice senza rabbia che l’aveva sorpresa mentre si baciava con il suo collega: “Pensavo che mi avesse veramente vista; (…) gli ho spiegato che il collega mi aveva baciato di sorpresa, che non me lo aspettavo e che quando ci aveva provato di nuovo lo avevo respinto”. Julien ascolta senza dire nulla in lacrime, la prende tra le sue braccia. Laetitia trova strano questo atteggiamento, si aspetta una scenata, invece Julien le propone con calma di uscire per andare in un McDonald’s. Lei non ha molta voglia ma lui insiste. Rientrando a casa sterza bruscamente e si dirige verso la zona industriale, là dove non c’è nessuno. “Si è accanito su di me. (…) Sono riuscita a chiamare mio figlio al telefono ed è mio figlio che è riuscito a calmarlo. Tornati a casa ho preferito guidare, ma lui ha continuato a picchiarmi in faccia”.

Laetitia detesta che si parli male di Julien. Gli altri non lo conoscono come lo conosce lei

Nel corso di quella notte tra il 27 e il 28 agosto Laetitia ha creduto di morire e ha visto i suoi figli impietriti, spaventati per le sue condizioni. Allora ha chiamato i fratelli, che l’hanno portata al pronto soccorso del Nuovo ospedale civile di Strasburgo. “La paziente di 35 anni si presenta al pronto soccorso. (…) Non vuole dare l’identità dell’aggressore, che avrebbe cercato di strangolarla in auto mentre guidava”. Per tre pagine i medici descrivono una ventina di ecchimosi violacee sul corpo e sul volto. Il rapporto indica che la “zona del cuoio capelluto è depilata al livello dell’occipite”: Julien le ha strappato dei capelli mentre lei cercava di scappare dall’auto. “Il giorno dopo i due fratelli l’hanno portata a casa dei genitori per dire ‘ecco quello che sta succedendo’”, racconta Jean-Marc Schmitt. Di colpo i loro sospetti, sempre rimossi nella convinzione che lei “glielo avrebbe detto se c’era qualcosa che non andava”, si sono materializzati sotto i loro occhi: Laetitia è sfigurata.

Una promessa in testa
Dopo qualche giorno Laetitia, che si è rifugiata dal fratello Nicolas con i figli, comincia a dire che è un po’ colpa sua questa storia di Snapchat, che doveva avvertirlo, che i figli hanno bisogno del padre. In testa ha sempre una promessa e la vuole rispettare: si erano detti per sempre. E lui le ripete tutti i giorni che vuole tenerla con sé, che l’ama, che senza di lei morirebbe. Così, dopo una settimana, Laetitia torna in quella casa dove la calma è diventata una rarità. Quando Julien fa un’osservazione lei sa che in ogni momento può degenerare. Un sottile strato di polvere su un mobile può rappresentare un pericolo – Julien detesta il disordine. Ma nei giorni di tempesta non c’è neanche bisogno di un pretesto. Diventa subito cattivo – “puttana, puttana, puttana” – e parte lo schiaffo. Laetitia ha di nuovo chiesto dei giorni di malattia. Ovviamente questa situazione preoccupa Marjorie, che decide di chiamarla: “L’ho sentita dire in tono molto aggressivo: ‘Smettila di impicciarti degli affari miei’”. Avvertita, la direttrice delle risorse umane convoca Laetitia.

Florence Gaillard è una donna franca ed energica, ma nel corso di questo incontro si ricorda di essere stata esitante, come imbarazzata. Rivede Laetitia, il suo volto chiuso, come se volesse dire: “Non sono cose che la riguardano”. In realtà Laetitia detesta che si parli male di Julien. Gli altri non lo conoscono come lo conosce lei. Lei sa quanto ha sofferto per i suoi genitori divorziati, che ha una paura terribile dell’abbandono, che è questo a renderlo possessivo. Florence Gaillard capisce la trappola nella quale si trova Laetitia: “Le cose non si sistemeranno, ma andranno sempre peggio”.

Florence Gaillard nella sua casa a Thal-Marmoutier nel Basso Reno. Marzo 2020. (Camille Gharbi per Le Monde)

Un mese dopo Florence Gaillard la convoca di nuovo: “Sono stata molto diretta: ‘Laetitia, so che viene picchiata, so che suo padre ha presentato un esposto contro suo marito”. Laetitia si innervosisce: “Mio padre non fa che criticare mio marito”. Ma Florence Gaillard continua: “Se sua figlia fosse picchiata dal marito, lei non presenterebbe un esposto?”. A mezza bocca Laetitia finisce per ammettere che Julien è stato violento, ma solo una volta. La direttrice delle risorse umane, che ha letto su internet che non “bisogna soprattutto criticare il marito”, le suggerisce di chiedere aiuto ai poliziotti, ai medici. Ma osservandola si rende conto che non ne è capace. Laetitia è così magra che si vedono le scapole e le ossa delle spalle sotto il grosso piumino nero, che rifiuta di togliere. La donna ormai pesa solo una trentina di chili. “Era tutto di una tristezza impressionante”, ricorda Florence Gaillard.

La polizia non può fare niente
Quando si è alzata dicendo: “Adesso devo andare perché mi aspetta in auto”, la direttrice delle risorse umane e la sua collega si sono guardate sbalordite. “Abbiamo avuto paura per lei”. Subito dopo il colloquio vanno al commissariato di Schiltigheim, dove i poliziotti gli fanno capire quanto sia difficile fare qualcosa: “Non possiamo fare nulla se la vostra collega non sporge denuncia”. Alla gendarmeria di Haguenau, la più vicina alla casa di Laetitia, la direttrice delle risorse umane trova finalmente qualcuno che accetta di ascoltare la sua storia. Florence gli chiede: “Si può curare questa gelosia morbosa?“. L’uomo risponde: “Sì, con un proiettile”. Non crede che queste persone possano cambiare.

Florence Gaillard non ha mai avuto notizie di questo esposto. A lungo ha creduto che fosse rimasto dimenticato in fondo a un cassetto. In realtà fin dal giorno successivo il comandante della brigata di Hagenau l’ha trasmesso al maresciallo Lucie Bauer, la responsabile per le “violenze familiari” presso la gendarmeria. Sposata con il capitano Jean-Philippe Walliser, ha dovuto lavorare duro, più degli altri, per imporsi, per non essere solo la moglie del capo davanti agli altri colleghi . La sua specialità non interessa molto agli uomini della gendarmeria, alcuni la chiamano l’assistente sociale, ma Lucie non ci fa caso, lei è convinta della sua vocazione: “Finché ci sarà disuguaglianza tra gli uomini e le donne, ci sarà violenza nella coppia”.

Le vittime muoiono due volte. La prima quando i mariti le accoltellano; la seconda quando le sospettano di essere state “un po’” le loro complici

La gendarme sa come certi uomini trattano le loro mogli, e sa che le donne non mentono, che non esagerano le botte. Sa bene che gli orrori che raccontano sono meno gravi di quello che vivono davvero. Sa perché gli uomini uccidono le loro compagne: perché rifiutano di cedergli. “Non è amore ma possesso”. Ha imparato a non offendere le donne che arrivano nel suo ufficio. Sa che spesso rinunciano una, due volte a sporgere denuncia, che si bloccano perché non vogliono che il padre dei loro figli possa passare dei guai, che talvolta tornano a casa. Sa anche che i gendarmi possono non rendersi conto di un femminicidio, interpretando male l’ambivalenza di alcune donne: “Se non si capiscono le strategie di manipolazione dell’aggressore, non si può capire l’atteggiamento della vittima”.

Un ciclo infernale
La prima volta che parla con Laetitia al telefono, all’inizio di ottobre, si trova di fronte a un muro: “Mi ha detto che era innamorata di suo marito, che amava i suoi figli e che non aveva affatto voglia di separarli dal loro papà”. Lucie le spiega rapidamente il ciclo di violenza coniugale così com’è stato descritto dalla psicologa americana Lenore Walker. Quattro fasi che si ripetono sempre: il periodo di tensione, quando l’uomo è aggressivo e colpevolizzante; l’esplosione, quando diventa fisicamente violento; la giustificazione, quando trova delle scuse e la vittima si sente colpevole; la luna di miele, quando si scusa e promette. Per poi tornare di nuovo alla tensione, in una sorta di ciclo infernale.

Prima di riattaccare la gendarme le promette: “Non la lascerò”. “Dalla sua voce ho capito che era grave e che dovevo assolutamente incontrarla”, si ricorda Lucie. Meno di una settimana dopo Laetitia è di nuovo in ospedale.

Domenica 8 ottobre 2017, Schweighouse-sur-Moder. Laetitia e Julien fanno la doccia insieme, come fanno da 18 anni. Sotto l’acqua calda Julien le ricorda la storia di Snapchat. Laetitia sente un peso sullo stomaco: ricomincia. Non dovrebbe, ma alla fine osa dirgli: “Smettila con questa storia”. Lo sguardo del marito si fa duro: “Bugiarda”. Le dice di stare zitta se non vuole una lezione, come si permette? Vuole ancora innervosire i figli? Uscendo dalla doccia la spinge e le mette la mano sulla bocca. Il gesto violento non lascia dubbi sulle sue intenzioni.

Mentre Julien ha appena acceso una sigaretta sulla porta di casa, Laetitia accenna a un gesto, il più discreto possibile. Vuole chiudere la porta e chiamare questa gendarme di cui ha registrato il numero. Ma Julien, più rapido si è già lanciato su di lei. Risvegliati dal rumore, i figli hanno visto il padre schiaffeggiare la madre. “Ho fatto segno a mio figlio di chiamare qualcuno, ma mio marito l’ha visto e allora ha preso il telefono di nostro figlio. Quella sera non ha voluto che dormissi con i bambini. Mi ha imposto di dormire con lui”. Il giorno dopo i ragazzi non sono andati a scuola. Forse hanno detto apposta di avere mal di pancia, come accade spesso, per non andarci.

Bauer insiste: questi uomini uccidono le donne quando le donne decidono di andare via

A casa Laetitia è di nuovo prigioniera di Julien e della sua guerra interminabile. La situazione va avanti per due giorni. Insulti, sesso e lacrime. Costretta a cedere per non far precipitare la situazione, la donna non ne può più. Il 10 ottobre pomeriggio gli dice: “Vado a riposarmi a letto, sono stanca”. Lui la segue: “Mi ha chiesto di fare l’amore, ho rifiutato dicendo che non avevo voglia e che ero stanca. Allora mi ha stretto forte contro di lui, io ero bloccata, e mi ha schiaffeggiato, mi ha messo la mano sulla bocca e mi ha preso il naso e la gola. Mi ripeteva che ero una puttana. Sempre questa storia. Gli ho chiesto se voleva uccidermi, mi ha detto che non c’era altra soluzione, che non vedeva come poter vivere senza di me. (…) Gli ho detto che se voleva uccidermi lo avrei fatto da sola, (…) volevo che uno di noi due rimanesse con i ragazzi e se non fossi stata io, sarebbe stato lui”.

Dopo questa discussione ingoia 12 Xanax. Il gesto spaventa Julien che accetta di portarla dalla psicologa che Laetitia consulta da settembre. Impaurita dalle condizioni della sua paziente, quest’ultima le prende il telefono e la trasferisce immediatamente al pronto soccorso. Verso le 11 di sera il telefono di Jean-Marc Schmitt suona, è ancora Julien. Arrivato a Schweighouse scopre lo spettacolo patetico del genero in lacrime, i polsi leggermente tagliati, che supplica di fargli vedere Laetitia. Agli operatori che sono venuti a prenderlo urla di portarlo nello stesso ospedale di sua moglie. Si scontra fisicamente con uno di loro. Messo sotto controllo viene portato in un istituto psichiatrico a Brumath. “Ha cominciato a mandarmi degli sms non appena ha potuto recuperare il telefono, dice che mi ama, che si farà curare, che è triste per quello che è successo. Per me è difficile non potergli rispondere e anche quello che sto facendo è difficile”. È così che termina la denuncia di Laetitia il 20 ottobre 2017. Lucie Bauer l’ha convinta a passare in gendarmeria all’uscita dall’ospedale.

Non è colpa di Laetitia
Nel suo ufficio Bauer scopre una donna “molto carina” che ha solo due anni più di lei e che, come lei, è madre di due figli. Lucie la sente “molto influenzata da Julien”. Il senso di colpa, diventato istintivo, le impedisce di vedere quello che è: una vittima. La colpa è sua, è lei a essersela cercata, è lei che l’ha spinto ai limiti della sopportazione.

Bauer non le chiede perché è rimasta così a lungo con quest’uomo violento, le dice che è difficile lasciare un uomo come Julien. Le spiega che l’influenza di qualcuno può essere un condizionamento, che le donne rimangono perché sono distrutte psicologicamente e isolate socialmente. Non è colpa loro. Non è colpa di Laetitia. Le racconta la storia della chirurga estetica succube del marito, pronuncia la parola “manipolatore”.

La gendarmeria di Haguenau, dove Jean-Marc Schmitt e Florence Gaillard denunciano la storia di Laetitia. Marzo 2020. (Camille Gharbi per Le Monde)

Quando Laetitia le parla dei colpi ricevuti durante la prima gravidanza, Bauer le spiega che le violenze cominciano o si inaspriscono spesso quando le donne sono incinte. Perché sono più vulnerabili, ma anche perché gli aggressori si sentono privati della loro onnipotenza sul corpo della loro compagna. Deve pensare ai suoi figli, continua Lucie. Sulla sedia Laetitia si fa sempre più piccola, come inghiottita dalla vergogna e dal senso di colpa. “Julien Griffon l’aveva convinta che non era capace di occuparsi dei figli”.

Bauer sa che le vittime di femminicidio muoiono due volte. Una prima quando i mariti le accoltellano; una seconda quando gli altri le sospettano di essere state “un po’” le loro complici. Laetitia non era complice. La domanda non era perché rimaneva con lui, ma come fare ad andare via. “Dopo la denuncia ogni vittima ha la stessa paura: ‘E adesso? Cosa succederà ai figli? Cosa farà quando saprà che l’ho denunciato? Rischia di andare in prigione?’. Sento Laetitia sollevata, ma capisco anche che potrebbe essere capace di alzarsi e tornare a casa”. Bauer insiste: questi uomini uccidono le donne quando le donne decidono di andare via.

Poiché si pensa che i figli abbiano comunque bisogno del padre, anche quando è possessivo, lo si lascia fare

Laetitia non cede. Il giorno dopo sono i ragazzi a essere sentiti dalla gendarme. “Non so perché ho preso così a cuore questo caso”, gli occhi di Lucie Bauer brillano. Siamo a Sartène in Corsica, dove ormai si è trasferita con la famiglia, a pochi giorni dal 1 gennaio 2019. L’Alsazia e Laetitia Schmitt sono lontane, ma Bauer parla di quel momento con la stessa emozione dei primi giorni. “Il figlio maggiore mi ha detto che tutte le sere prima di andare a dormire cercava con tutte le sue forze di restare sveglio il più a lungo possibile, per impedire che papà facesse del male a mamma”.

I segnali sottovalutati
Ormai tutti sanno e tutti vogliono capire: come diamine è possibile che Julien Griffon si sia trasformato da un tipo un po’ caratteriale in un marito pericoloso? Gli psichiatri che gli hanno prescritto dei farmaci hanno parlato di depressione e di disturbo bipolare. La famiglia parla di ossessione e di narcisismo. Jean-Marc si ricorda di una strana telefonata: “Mi ha detto: ‘Quando uno dei bambini è malato, Laetitia non si occupa più di me’”.

Un ricordo torna in mente a sua cugina Elodie Schneider, la sua migliore amica fin dall’infanzia. Una sera che la coppia cenava da lei, Laetitia ha pronunciato queste tre parole: “Rientriamo a casa” e questo è bastato a rovinare la serata. Julien ha continuato a bere per poi dire: “Non rompere le palle”. Laetitia si è ammutolita. Quando sono andati via il marito di Elodie l’ha avvertita: “Quell’uomo maltratta tua cugina”, ma Elodie non gli ha creduto, perché pensava che Laetitia gliene avrebbe parlato. Lucie, la sorella minore di Laetitia, ha raccontato ai genitori di aver visto Julien fare il gesto di lanciare un piatto contro il volto di Laetitia una sera che cenava a casa loro. Anche Marjorie ha cominciato a diffidare di Julien: “Le donne non gli interessavano, aveva la sua. Il problema di Julien erano gli uomini. Tutti dei bastardi che volevano portarsi a letto sua moglie”.

Ricoverato per diverse settimane in psichiatria, Julien parla ogni giorno al telefono per ore con Laetitia. Quando non la trova, chiama i figli, sempre su FaceTime. “Chiedeva a suo figlio di girare il tablet così da poterla vedere sullo schermo”, continua sua madre Tina. Gli uomini violenti si comportano così: raggiungere la loro vittima con il pretesto di avere notizie dei figli. E probabilmente proprio perché si pensa che i figli abbiano comunque bisogno del padre, anche quando è possessivo, lo si lascia fare.

A sinistra: Elodie Schneider, la cugina di Laetitia Schmitt, nella sua casa a Mommenhei. A destra: Schneider mostra un’ immagine sul suo telefono in cui è ritratta con Laetitia Schmitt. Marzo 2020. (Camille Gharbi per Le Monde)

In stato di fermo alla gendarmeria di Haguenau, Julien riconosce le violenze, ma dice di non ricordarsene. Ricorda i primi colpi, dati durante la gravidanza di Laetitia, quando “non avevano più una relazione di coppia” e aveva “dei dubbi sulla propria paternità”. “Era perfettamente consapevole che il suo comportamento non era giusto. Voleva curarsi”, spiega la sua avvocata Adélaïde Schmeltz. Pochi giorni dopo Julien telefona a Bauer, era preoccupato, voleva sapere cosa rischiava. Quando è entrato nell’ufficio, Lucie Bauer si è subito detta “ma è proprio piccolino!”. Sa bene però che non bisogna essere grandi per essere violenti. Tuttavia le storie raccontate da Laetitia le hanno dato l’impressione di avere a che fare con un’ombra imponente e divorante, un’ombra immensa. “Sembrava il bravo ragazzo della porta accanto”, si ricorda la gendarme. “Era un ragazzo perfettamente normale, che sembrava calmo, che riconosceva di essere stato violento con Laetitia e che affermava di aver deciso di farsi curare”.

Ma Bauer non si fida, continua a considerarlo pericoloso. In tre mesi Julien ha tentato tre volte il suicidio. La prima volta ha preso un farmaco e si è tagliato i polsi. La seconda volta, il 16 novembre, da solo al volante della sua Alfa Romeo nera ha guidato su una strada del Basso Reno fino al massiccio Champ-du-Feu e qui ha lanciato la macchina a tutta velocità contro il muro dell’albergo della Rotlach “in ricordo” di un momento felice che vi aveva vissuto con Laetitia. L’ultima volta, pochi giorni prima di Natale, ha cercato di impiccarsi nella sua stanza di ospedale. È sopravvissuto a tutto, alle ferite gravi e al coma profondo.

Ogni volta Bauer ha informato il procuratore della repubblica. Saperlo capace di fare del male a se stesso significava che era capace di farne agli altri. I suoi gesti somigliavano più a una sorta di ricatto che a una confessione: non sopportava che Laetitia vivesse senza di lui. “Aveva adottato una strategia di manipolazione per dirle: ‘Attenta che fra poco morirò’”. E la strategia ha funzionato, immaginare Julien disperato al punto di volersi suicidare ha spezzato il cuore di Laetitia.

Ma senza di lui Laetitia e i figli ritrovano una vita normale. Quasi normale, perché le imposte restano sbarrate, la casa chiusa a chiave e lo squillo del telefono li fa sussultare. Laetitia, che si sente spiata, ha ideato una sorta di allarme artigianale: “Metteva delle bottiglie dietro le porte”, spiega Jean-Marc Schmitt. “Quando ho vuotato la casa, ho trovato trappole un po’ ovunque”.

L’assoluta indifferenza per la giustizia è un indice di pericolosità: Julien è una bomba a orologeria

L’8 gennaio 2018 il giudice impone un’ordinanza di protezione: Julien non deve telefonare a Laetitia e non deve più avvicinarla. Subito dopo Laetitia riceve un telefono speciale, un dispositivo destinato alle donne in grave pericolo. In tribunale le hanno spiegato il funzionamento: in caso di necessità bisogna schiacciare il tasto allarme. “Quando usciva lo aveva sempre in mano; quando guidava lo teneva vicino alla gamba. E quando dormiva lo metteva sotto il cuscino”, racconta la madre.

Dopo la sua ultima uscita dall’ospedale, Julien Griffon è andato in un primo tempo a rifugiarsi dalla sorella minore, a 60 chilometri da Schweighouse-sur-Moder, per poi essere accolto da suo nonno nel dipartimento del Vaucluse. Nel frattempo continua instancabilmente a scrivere e a telefonare a Laetitia, anche se non ne ha il diritto. Lucie Bauer sa che l’assoluta indifferenza per la giustizia è un indice di pericolosità: Julien è una bomba a orologeria. La gendarme lo spiega a Laetitia: “È in questo momento che per lei la situazione è più pericolosa”. Per quale motivo? “Perché Laetitia poteva vivere da sola, lui capiva che la stava perdendo”, dice oggi la gendarme.

È vero, per la prima volta Laetitia si autorizza a immaginare un futuro senza Julien. È complicato perché “tutto era intestato a suo nome”, ricorda la madre di Laetitia ed “era costretta a contattarlo per qualsiasi pratica amministrativa”, ma la donna tiene duro. Giorno dopo giorno è meno pallida e il suo aspetto migliora. Tina comincia a crederci quando la sua nipotina le dice: “Sai nonna, a scuola mamma parla con le altre mamme”. In primavera Laetitia torna nello studio di tatuaggi di Waltenheim-sur-Zorn per farsi tatuare il nome dei figli. “Eri così felice di dirmi che stavi divorziando”, ha scritto la tatuatrice sulla sua pagina Facebook. “Piano piano Laetitia stava uscendo dalla sua dipendenza”, sintetizza Lucie Bauer.

Nel marzo 2018 Julien torna in Alsazia. Si muove liberamente e rivede i figli una volta alla settimana. Il 23 marzo Julien è processato per “violenze fisiche non superiori a otto giorni di prognosi nei confronti dell’attuale o ex coniuge”. Si ritorna sulle botte, ma non si dice nulla sugli strangolamenti. Eppure Laetitia ne ha parlato nelle sue denunce: Julien le stringeva il collo, fino a farle perdere conoscenza. I professionisti di violenze coniugali conoscono bene questi segnali: lo strangolamento, soprattutto quando è ripetuto, è un fattore di grave rischio di femminicidio.

“È un caso che sarebbe potuto finire in corte d’assise”, dice quel giorno indignata la procuratrice per far reagire Julien. Sia lui sia Laetitia sono in lacrime. “Continua a scusarsi. Lei ha detto solo: ‘Non voglio che vada in prigione’”, dice l’avvocato del marito. Julien è stato condannato a un anno con la condizionale e a due anni di lavori socialmente utili sotto controllo giudiziario e con l’obbligo di curarsi. “Uscendo dall’aula ha gettato uno sguardo torvo su Laetitia”, dice il padre. Dopo l’udienza Laetitia ha chiamato Elodie sconvolta: “Hanno parlato molto male di Julien, lui ha pianto. Ti rendi conto?”. Nessuno glielo ha chiesto direttamente, ma Laetitia ha capito la domanda: perché non è andata via prima? Ma perché lo compatisce! Vorrebbe tanto che la lasciassero in pace, i gendarmi, i medici e la sua famiglia. Jean-Marc capirà solo qualche mese dopo: “Tutto quello che faceva era fatto per non farlo arrabbiare. Era un modo per proteggersi e per proteggere i figli”. Tacere non era una prova di passività ma di prudenza.

“Ho smesso di contare”
Il 25 giugno è l’inizio di una settimana particolare per Laetitia. Il giorno dopo festeggerà i suoi 36 anni, il primo compleanno senza suo marito. Il 26 giugno è anche l’anniversario del loro matrimonio, delle nozze di bronzo che non festeggeranno insieme. Lei continua a portare la fede al dito e si è promessa di toglierla solo dopo il divorzio. In passato questa parola le sembrava impossibile, significava che sarebbe morta. Julien lo aveva giurato: se vai via, ti uccido. Ma adesso l’orizzonte sembra più sereno. Julien, spinto dal suo avvocato, ha avviato di sua volontà la procedura di divorzio e il 14 giugno, durante il tentativo di conciliazione davanti al giudice familiare, non ha posto particolari problemi. Quel giorno vanno via insieme dal tribunale nonostante il divieto di vedersi, davanti agli avvocati. Alcuni giorni prima erano andati insieme allo spettacolo di fine anno scolastico del figlio. Il 22 giugno Laetitia ha scritto a Elodie: “Julien mi manca, anche se non lo perdonerò mai”.

Quel 25 giugno, dopo aver lasciato i figli, Laetitia torna a casa, non sa che Julien ha passato la notte nascosto nel garage in fondo al cortile della casa. Non sa che è dietro di lei con un coltello in mano. Quando riceve il primo colpo ha appena il tempo di schiacciare il pulsante del telefono d’allarme che tiene saldamente in mano. In pochi minuti Julien le dà una ventina di coltellate, forse di più. “Ho smesso di contare”, confesserà il medico legale a Lucie Bauer.

Dopo che Laetitia le ha mormorato il nome del suo aggressore Bauer si precipita nell’ambulanza. “Aspettate voglio ancora parlare un momento con lei”. Laetitia fa fatica ad articolare le parole ma le vuole dire qualcosa. Le stringe il braccio. La cosa sorprende Bauer, non si aspettava una stretta così energica da una donna agonizzante su una barella: “Dirai che penso ai miei figli”. Morirà poche ore dopo in ospedale.

Fuori la tragedia provoca grande scalpore. I giornalisti arrivano numerosi: non capita spesso una caccia all’uomo nel Basso Reno e la morte di una donna dotata del dispositivo antiviolenza è purtroppo una triste novità. Una quarantina di militari perlustrano il dipartimento. La segnalazione del sospettato ricorda i fatti, l’omicidio di una donna uccisa dall’ex marito: “Il sospetto ha 36 anni, è alto un metro e 64 centimetri. Ha i capelli corti castano scuro e occhi marroni, è di corporatura normale”. Sulla sua foto trasmessa alla televisione e sui giornali i suoi grandi occhi sono inespressivi, segnati dalle occhiaie.

Il 26 giugno in fine mattinata la sorella di Julien avverte i gendarmi: il fratello è davanti alla sua porta. Chissà se Julien, visto correre a rotta di collo per le vigne di Obernai, ha sentito il capitano dei gendarmi gridargli: “Pensa a tuo figlio! Pensa a tua figlia!”? Non lo sapremo mai. Viene trovato il 27 giugno sui binari della stazione di Ebersheim. Un treno lo ha investito poco prima di mezzanotte. È morto sul colpo.

Julien non sarà mai giudicato per l’omicidio di Laetitia, ma per Lucie Bauer questo crimine parla da solo: “Pensava di essere il proprietario di Laetitia e di poter fare di lei quello che voleva. Possiamo parlare di maschilismo? Non lo so, di certo ha dovuto sentirsi superiore a lei per poterle togliere la vita in questo modo”.

Nel 2020
Jean-Marc Schmitt va a trovare la figlia diverse volte alla settimana. La chiusura del cimitero durante l’inverno, e poi durante il confinamento per il nuovo coronavirus, l’ha molto depresso. La notte ripensa a quello che è successo. Si chiede cosa abbia potuto dire Julien a Laetitia la mattina dell’omicidio. È convinto che abbia cercato di convincerla a non divorziare.

Tina si occupa dei ragazzi e affronta meglio la situazione, ma dopo aver parlato una prima volta con Le Monde non ha dormito per quattro giorni. E non ha più voluto assistere ai nostri incontri insieme al marito.

Nicolas si è sposato nel settembre 2018, tre mesi dopo l’uccisione della sorella. Voleva annullare tutto, ma suo padre gli ha fatto osservare che quell’anno o quello successivo sarebbe sempre mancato qualcuno.

Elodie ha testimoniato al Grenelle contro le violenze coniugali (una serie di tavole rotonde organizzate dal governo francese per parlare di questo problema) nell’autunno 2019. Si batte per rendere obbligatorio il bracciale antiavvicinamento per gli uomini condannati per violenze coniugali.

La rabbia di Marjorie contro gli uomini violenti è enorme: “Le uccidono per avere l’ultima parola”.

Florence Gaillard continua a fare attenzione quando i giorni di malattia delle sue dipendenti si moltiplicano. Oggi è attiva nel movimento Osez le féminisme!

Adélaïde Schmeltz ha scoperto la notizia sui giornali e sottolinea che, nonostante l’ordine di farsi curare, dopo la condanna il suo cliente non ha beneficiato di “alcun trattamento”.

Lucie Bauer ha visto la famiglia Schmitt un’ultima volta il giorno dei funerali di Laetitia. La gendarme pensa spesso a lei: “Quando una vittima viene da me, è Laetitia che ritorna”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Le Monde, nello speciale dedicato ai femminicidi.

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