Siranush Sargsyan, Afp

L’autoproclamata repubblica separatista del Nagorno Karabakh ha annunciato il 28 settembre la sua dissoluzione a partire dal 1 gennaio 2024, a più di trent’anni dalla sua creazione e a una settimana da un’offensiva dell’esercito azero che ha costretto alla fuga più della metà della popolazione.

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha accusato l’Azerbaigian di portare avanti una “pulizia etnica” nel territorio.

Il decreto emanato dal leader dell’enclave, Samvel Šahramanyan, afferma che “tutte le istituzioni e organizzazioni governative saranno sciolte il 1 gennaio 2024” e che di conseguenza “la repubblica del Nagorno Karabakh cesserà di esistere”.

La regione a maggioranza armena, che aveva proclamato la sua autonomia dall’Azerbaigian all’epoca della dissoluzione dell’Unione Sovietica, è stata in conflitto con Baku per più di tre decenni, in particolare nel corso di due guerre, la prima tra il 1988 e il 1994 e la seconda nell’autunno del 2020.

La settimana scorsa l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare per assumere il controllo della regione, costringendo i separatisti a capitolare entro ventiquattr’ore, senza che le forze di pace russe schierate nel 2020 intervenissero.

L’Armenia, che ha sostenuto il territorio per decenni, ha deciso di non intervenire militarmente, aprendo la strada al reintegro della regione nell’Azerbaigian.

Possibile crisi umanitaria

Da allora decine di migliaia di abitanti di etnia armena sono fuggiti attraverso il corridoio di Laçın, che collega il Nagorno Karabakh all’Armenia, riaperto il 24 settembre da Baku dopo mesi di blocco.

Secondo le autorità armene, più di 65mila profughi sono già arrivati nel paese, più della metà della popolazione del Nagorno Karabakh.

Ma finora il governo armeno ha potuto dare alloggio solo a 2.850 persone, e si rischia quindi una crisi umanitaria.

“L’Armenia non è in grado di fronteggiare la situazione senza aiuti dall’estero”, ha dichiarato l’analista politico Boris Navasardyan, intervistato dall’Afp. “La situazione avrà gravi ripercussioni sulla politica locale”.

La capitale Erevan è stata scossa negli ultimi giorni da una serie di manifestazioni contro il premier Pashinyan, accusato di passività nei confronti dell’Azerbaigian.

Ad aggravare la situazione del Nagorno Karabakh, più di cento persone risultano ancora disperse dopo l’esplosione di un deposito di carburante preso d’assalto dagli abitanti la sera del 25 settembre. Almeno 68 persone sono morte e 290 sono rimaste ferite.

Le autorità azere si sono impegnate a permettere ai ribelli che consegnano le armi di lasciare la regione.

Tuttavia, il 27 settembre hanno arrestato l’uomo d’affari Ruben Vardanyan, che ha guidato il governo separatista dal novembre 2022 al febbraio 2023, mentre cercava di raggiungere l’Armenia.

Il presidente azero Ilham Aliev ha affermato che i diritti degli abitanti di etnia armena dell’enclave saranno “garantiti”.

L’offensiva della scorsa settimana ha causato 213 vittime tra i separatisti armeni, mentre Baku ha dichiarato di aver perso 192 soldati e un civile.