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Il Niger ha proclamato il 3 ottobre tre giorni di lutto nazionale dopo che ventinove soldati sono rimasti uccisi nell’attacco jihadista più sanguinoso da quando la giunta militare ha assunto il potere a luglio.

L’episodio si è verificato mentre gli autori del colpo di stato valutano l’offerta dell’Algeria di svolgere il ruolo di mediatrice nei colloqui per una transizione verso un governo civile.

Il Niger sta combattendo due insurrezioni jihadiste: una nel sudest, proveniente dalla Nigeria, e l’altra nell’ovest, proveniente dal Mali e dal Burkina Faso.

Quando il 26 luglio l’esercito ha destituito il presidente democraticamente eletto Mohamed Bazoum, aveva addotto come giustificazione il deterioramento della situazione della sicurezza nel paese.

L’attacco, condotto il 2 ottobre nell’ovest del paese, ha visto la partecipazione di “più di un centinaio di terroristi”, ha dichiarato il ministero della difesa.

Ha aggiunto che “decine di terroristi sono stati uccisi”.

L’attacco è avvenuto a nordovest di Tabatol, vicino al confine con il Mali, paese in cui sono attive milizie jihadiste legate al gruppo Stato islamico e ad Al Qaeda.

Le violenze nella cosiddetta zona dei “tre confini” – tra Niger, Mali e Burkina Faso – hanno contribuito a favorire i colpi di stato in tutti e tre i paesi a partire dal 2021.

L’Algeria ha affermato il 2 ottobre che Niamey ha accettato la sua offerta di fare da mediatrice nei colloqui per la transizione verso un governo civile.

Qualche ora dopo il ministero degli esteri del Niger ha precisato che “le autorità nigerine stanno valutando l’offerta”.

Bazoum agli arresti domiciliari

Il leader militare del Niger, il generale Abdourahamane Tchiani, si è espresso a favore di una transizione di non più di tre anni.

Ad agosto l’Algeria ha proposto una transizione di sei mesi “sott0 la supervisione di un’autorità civile guidata da una figura che sia accettata da tutte le parti in causa”.

Nella dichiarazione del 2 ottobre Algeri non ha annunciato un calendario preciso, ma ha fatto sapere che il suo ministro degli esteri Ahmed Attaf avrebbe raggiunto presto Niamey “per dei colloqui con le parti interessate”.

Il presidente destituito Bazoum è attualmente detenuto nella residenza presidenziale con la moglie e il figlio.

Il 2 ottobre i suoi avvocati hanno dichiarato di aver fatto causa agli autori del colpo di stato.

La denuncia, visionata dall’Afp, prende di mira il generale Tiani e altri militari, e denuncia “una cospirazione contro lo stato” e altri crimini.

I suoi avvocati hanno anche annunciato un ricorso al consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite contro la sua “detenzione arbitraria”.

Nei mesi scorsi la Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale aveva minacciato d’intervenire con la forza per reintegrare il presidente legittimo.

La Francia mantiene nel paese circa 1.500 soldati impegnati nella lotta contro le milizie jihadiste, ma la giunta militare ha chiesto di avviare dei negoziati per il loro ritiro.