Il campo profughi di Yusuf Batir, nel Sud Sudan, dopo le alluvioni del novembre 2019 (Alex McBride, Afp)

Gli eventi estremi alimentati dalla crisi climatica – dalle alluvioni agli episodi di siccità, dai cicloni agli incendi – hanno costretto 43,1 milioni di bambini a lasciare le loro case tra il 2016 e il 2021. Lo ha rivelato il 5 ottobre il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef), che denuncia la mancanza di attenzione nei confronti delle vittime.

In un ampio rapporto, l’Unicef ha descritto nel dettaglio le storie di alcuni dei bambini colpiti. La coautrice Laura Healy ha dichiarato all’Afp che i dati sono solo la “punta dell’iceberg” e che in realtà le vittime sono molte di più.

“Ci siamo dovuti accampare per settimane sui bordi dell’autostrada”, racconta il bambino sudanese Khalid Abdul Azim, il cui villaggio era raggiungibile solo in barca dopo essere rimasto allagato.

Nel 2017 la roulotte in cui vivevano le sorelle Mia e Maia Bravo è stata raggiunta dalle fiamme in California, negli Stati Uniti. “Sono rimasta terrorizzata per mesi e la notte non riuscivo più a dormire”, racconta Maia nel rapporto.

Di solito i dati sugli sfollati interni causati dai disastri naturali non tengono conto dell’età delle vittime. Ma l’Unicef ha collaborato con il Centro di monitoraggio per le persone sfollate (Idmc), un’organizzazione non governativa, per approfondire la situazione dei bambini.

Dal 2016 al 2021 quattro tipi di eventi estremi (alluvioni, cicloni, siccità e incendi), sempre più frequenti a causa del riscaldamento globale, hanno costretto 43,1 milioni di bambini a lasciare le loro case in quarantaquattro paesi, si legge nel rapporto.

Il 95 per cento dei casi è legato ad alluvioni e cicloni.

“Significa una media di ventimila bambini sfollati ogni giorno”, ha dichiarato Healy all’Afp, sottolineando che le vittime possono poi subire altri traumi, tra cui essere separati dai genitori o finire nelle mani dei trafficanti di bambini.

I dati indicano il numero dei casi e non quello delle vittime, dato che uno stesso bambino può essere sradicato più volte.

Le cifre non permettono di distinguere tra chi è stato costretto a lasciare la propria casa preventivamente, prima di un disastro naturale, e chi dopo che si è verificato.

Disagio psicologico

Il rapporto dell’Unicef fornisce anche alcune previsioni.

Le alluvioni legate allo straripamento dei fiumi potrebbero costringere 96 milioni di bambini a lasciare le loro case nei prossimi trent’anni, mentre i cicloni 10,3 milioni e le tempeste 7,2 milioni.

Le stime non comprendono le evacuazioni preventive.

“Bisogna considerare anche il disagio psicologico dei bambini costretti a fuggire”, ha dichiarato Catherine Russell, direttrice esecutiva dell’Unicef. “La fuga può avergli salvato la vita, ma poi produce danni di tipo diverso”.

“Con l’intensificarsi della crisi climatica la situazione è destinata a peggiorare”, ha aggiunto Russell. “Abbiamo gli strumenti e le conoscenze per ridurre le emissioni di gas serra, ma non stiamo facendo abbastanza”.

Regioni più vulnerabili

L’Unicef ha chiesto ai leader mondiali di occuparsi della questione nel corso della conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP28, che si aprirà a novembre a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.

“Dobbiamo aiutare i bambini, compresi quelli che sono stati già colpiti, a vivere meglio nell’era della crisi climatica”, ha dichiarato Healy.

Anche se la crisi climatica riguarda tutto il mondo, il rapporto dell’Unicef sottolinea che alcune regioni sono più vulnerabili.

Cina, India e Filippine sono i paesi con il maggior numero di sfollati interni per motivi demografici e geografici, ma anche perché hanno piani di evacuazione preventiva.

Tuttavia, in termini relativi sono più a rischio l’Africa e i piccoli stati insulari: nella Dominica il 76 per cento dei bambini è stato costretto a lasciare la propria casa tra il 2016 e il 2021. A Cuba e a Saint Martin la percentuale è superiore al 30 per cento.