Il segretario di stato statunitense Antony Blinken a Tel Aviv, in Israele, il 9 gennaio 2024. (Evelyn Hockstein, Pool)

Per la quarta volta in meno di una settimana, nella notte tra il 17 e il 18 gennaio l’esercito statunitense ha preso di mira i ribelli huthi dello Yemen, sostenuti dall’Iran, distruggendo quattordici missili pronti per essere lanciati.

Poche ora prima dell’operazione Washington aveva reinserito gli huthi, che da settimane conducono attacchi contro le navi mercantili in transito nel mar Rosso e nel golfo di Aden, nella sua lista dei gruppi terroristici.

Secondo l’emittente degli huthi Al Masirah, i raid statunitensi sono stati effettuati nelle regioni di Hodeida, Taiz, Dhamar, Al Bayda e Sada.

“Le forze statunitensi hanno condotto un’operazione nelle zone dello Yemen controllate dai ribelli huthi, che ha permesso di distruggere quattordici missili pronti per essere lanciati”, ha affermato sul social network X lo United States central command (Centcom). “Questi missili costituivano una minaccia immediata per le navi mercantili e per la marina militare statunitense”.

“Continueremo a proteggere le vite dei marinai innocenti”, ha aggiunto Michael Erik Kurilla, comandante del Centcom.

Un rappresentante degli huthi ha dichiarato ad Al Masirah che il gruppo continuerà “a prendere di mira le navi dirette verso i porti della Palestina occupata, nonostante i raid statunitensi e britannici”.

Gli huthi, in guerra con le forze governative da quasi dieci anni, attaccano le navi mercantili che secondo loro hanno legami con Israele, in solidarietà con gli abitanti della Striscia di Gaza.

Il mese scorso gli Stati Uniti hanno creato una forza multinazionale per proteggere le navi nel mar Rosso, dove transita fino al 12 per cento del commercio mondiale.

Da allora le forze statunitensi hanno intercettato un gran numero di missili e droni lanciati dallo Yemen.