Il ministro dell’interno iraniano Ahmad Vahidi in una conferenza stampa, il 4 marzo 2024. (Atta Kenare, Afp)

I conservatori al potere in Iran hanno vinto senza sorpresa le elezioni legislative del 1 marzo, che sono state caratterizzate da un tasso di astensione record, il più alto nella storia della Repubblica islamica, nata nel 1979.

Quattro giorni dopo la fine dello scrutinio, il ministro dell’interno ha annunciato che “25 milioni” di iraniani, ovvero il “41 per cento” dei 61 milioni di elettori, si sono presentati ai seggi. Questo dato è inferiore al 42,5 per cento delle precedenti elezioni legislative del 2020, funestate dall’arrivo della pandemia di covid-19.

In seguito all’esclusione di molti candidati moderati o riformisti dalle liste elettorali, si sono moltiplicati gli appelli per non andare a votare da parte dell’opposizione. Le elezioni infatti sono state presentate come un test di legittimità per il governo, essendo le prime dopo il grande movimento di protesta che ha scosso il paese in seguito alla morte, nel settembre 2022, della giovane Mahsa Amini, arrestata per non aver rispettato il rigido codice di abbigliamento imposto alle donne nel paese.

Il 4 marzo il ministro dell’interno Ahmad Vahidi ha espresso la sua soddisfazione per il fatto che “nonostante la potente propaganda dei nemici e l’uso di ogni strumento per dissuadere la gente dal votare, e nonostante i problemi economici, il popolo ha mostrato una mobilitazione magnifica”. Vahidi ha incolpato “forze nefaste, compresi i servizi segreti e i gruppi terroristici” per aver cercato di “minare la sicurezza” delle elezioni senza riuscirci.

Ma non ha fornito dettagli su questi “nemici”, anche se la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ha chiamato in causa gli Stati Uniti, Israele e alcuni paesi europei. Washington aveva già dichiarato che le elezioni non sono state né “libere” né “giuste”.

La principale coalizione di partiti riformisti, il Fronte della riforma, aveva annunciato il suo rifiuto di partecipare a queste “elezioni senza senso”, dopo l’esclusione dalle liste elettorali di molti dei suoi candidati.

Anche per questo il nuovo parlamento iraniano sarà in gran parte sotto il controllo dei gruppi conservatori e ultraconservatori che sostengono il governo del presidente Ebrahim Raissi, eletto nel 2021.

La composizione del parlamento sarà definita solo dopo un secondo turno di votazioni che si svolgerà ad aprile o a maggio per stabilire i titolari dei 45 dei 290 seggi, quelli cioè in cui i candidati non hanno ottenuto un numero di voti sufficiente per l’elezione.

Secondo alcune analisi, circa duecento dei 245 deputati già eletti possono essere considerati conservatori, comprendendo anche le posizioni più estreme. I deputati riformisti o centristi dovrebbero essere tra i quaranta e i quarantacinque, secondo le stime. Infine in tutto il paese, sono state elette solo undici donne (su 245 seggi), meno delle sedici che attualmente siedono nel parlamento.