23 ottobre 2017 17:29

1917 è il primo numero degli speciali di Internazionale.
Centotrentadue pagine di articoli commenti, reportage, fotografie e vignette sulla rivoluzione russa. È in edicola dal 25 ottobre e si può comprare anche online.

Cent’anni dopo la rivoluzione bolscevica, e a quasi trenta dal crollo del muro di Berlino, riflettere sul 1917 è ancora importante e necessario. A dimostrarlo ci sono le decine di iniziative editoriali che in tutto il mondo hanno accompagnato questo lungo centenario, cominciato a febbraio con le analisi della prima rivoluzione e in procinto di concludersi con le rievocazioni dei fatti di ottobre. Ma c’è soprattutto la convinzione che tornare a parlare della rivoluzione sia l’unico modo per poter formulare un giudizio sull’intera epopea dell’Unione Sovietica e per capire la Russia di oggi.

Come rivela la reticenza del Cremlino a prendere posizione, il compito è molto difficile, perché le conseguenze della frattura del 1917 influenzano ancora oggi i rapporti tra la Russia e alcuni stati ex sovietici (Georgia e Ucraina, per esempio) e perché la visione della storia nazionale di Vladimir Putin – un fluire glorioso che tiene insieme lo zarismo, gli anni dell’Unione Sovietica e quelli della Russia sovrana, democratica e capitalista – non va d’accordo con il concetto stesso di rivolgimento politico. Il che, agli occhi di un osservatore esterno, dà vita a una singolare contraddizione: la Russia attuale è senza dubbio figlia del 1917, ma fatica ad ammetterlo, a fare i conti con quel passato. Del resto, come afferma Eric Hobsbawm, scrivere la storia definitiva della rivoluzione russa – e di qualsiasi evento storico – è impensabile. Il nostro sguardo cambia, come le prospettive da cui osserviamo il passato, e si moltiplicano le fonti a cui gli storici hanno accesso.

Quando abbiamo cominciato a lavorare su questo numero speciale, di fronte alla mole di materiale che ci siamo trovati davanti abbiamo avuto un momento di smarrimento. Avremmo potuto selezionare le tante, ottime analisi uscite ciclicamente in occasione degli anniversari della rivoluzione sui più grandi giornali del mondo, allargare lo sguardo all’intero settantennio sovietico, magari pescando tra i grandi nomi che hanno scritto di Russia e comunismo, o cercare di dare al lavoro un’impostazione ideologica più definita. Ma dopo aver cominciato a immergerci nella lettura dei documenti, i dubbi sono scomparsi: dovevamo lasciar parlare le fonti di quei giorni, diverse per stile, scrittura e orientamento politico.

Sono articoli scritti a caldo, di grande potenza espressiva, che calano il lettore nel clima del tempo permettendo di osservare la storia da una postazione privilegiata, al cuore dello scorrere degli eventi. Dalla lettura delle fonti occidentali risulta evidente che una delle grandi preoccupazioni dei paesi alleati della Russia è l’uscita del paese dalla guerra. E che per la maggioranza dei giornali, la vera rivoluzione è quella di febbraio, contrapposta al “colpo di mano” bolscevico. I materiali russi, invece, selezionati con la preziosa collaborazione di Antonella Salomoni, professoressa di storia contemporanea, testimoniano il fermento intellettuale nelle prime fasi della rivoluzione, segnate da un intenso confronto politico e culturale. Il racconto che abbiamo costruito vuole essere ricco di spunti, ma di certo non ha la pretesa di essere esaustivo. Perché gli interrogativi sui fatti del 1917, e su come hanno plasmato la Russia, sono ancora numerosi.

Uno, in particolare, oggi merita di trovare risposta. È la domanda con cui Vasilij Grossman chiude il suo Tutto scorre: “Dov’è mai la speranza della Russia, se il più grande dei suoi riformatori, Lenin, non ha distrutto, ma rafforzato l’unione tra lo sviluppo russo e la non-libertà, il servaggio?”.

Questo articolo è stato pubblicato a pagina 11 del primo numero di Internazionale extra, in edicola dal 25 ottobre.

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