25 ottobre 2018 16:07

Gentile bibliopatologo,
studio lettere, ma da quando ho cominciato la mia carriera accademica ho smesso di leggere. Mi spiego. Io leggo molto, ma solo testi universitari: saggi, antologie. A volte anche romanzi, racconti e poesie, ma solo in vista della preparazione di un esame. Ho ancora molta voglia di leggere; tuttavia quando provo ad aprire un libro per solo interesse personale, il grillo parlante mi aggredisce: “Se il tuo cervello è ancora in grado di elaborare grafemi perché non lo sfrutti per leggere il De Mauro? Non li vuoi portare avanti gli schemi sulla fonetica rumena? Dove sei rimasta con i fabliaux medievali?”. Vorrei finire La pelle, ormai sul mio comodino da mesi. Come mi libero dell’infido insetto?

–Sara

Cara Sara,
accosta il naso al monitor. Senti che buon profumo? Questa settimana, in via eccezionale, la posta del bibliopatologo è stata cosparsa di pregiatissimo olio di nardo dalla mia riserva, che tengo da parte in un vasetto di alabastro per le grandi occasioni. Certo, potevo cavarmela molto più a buon mercato, e dispensarti qualche consiglio garbato sul giusto equilibrio tra il dovere e il piacere, tra il tempo dello studio e il tempo dello svago, o ammannirti qualche slogan motivazionale sull’importanza di prendersi cura di sé, come in un manuale di self help. Ma avrei così eluso la questione, che è tutta teologica – e se non proprio teologica, quanto meno esistenziale.

Chiudi Pinocchio e apri i Vangeli: non è il grillo parlante ad aggredirti, è Giuda Iscariota. Ricordi? Un giorno, poco prima di Pasqua, Gesù va a Betania, dove abita Lazzaro. Qui gli offrono una cena – e mi pare il minimo per sdebitarsi, visto che aveva resuscitato dai morti il padrone di casa – ma Maria, una delle sorelle dell’uomo che visse due volte, fa qualcosa di più: prende una libbra di olio di nardo, cosparge i piedi di Gesù e poi li asciuga con i suoi capelli. Tutta la casa odora di questo unguento prezioso. Ed è allora che Giuda, tesoriere del gruppo degli apostoli, spezza l’incanto con una preoccupazione un po’ pedante di contabilità: “Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?”. Domanda legittima, beninteso, ma un po’ stonata in un contesto dove vige l’aritmetica miracolosa dei pani e dei pesci, o del misterioso “centuplo” promesso al giocatore d’azzardo della fede che è disposto ad abbandonare tutto per seguire il messia. E infatti Gesù lo rimbrotta: “I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”.

Dina Belenko, Getty Images

Come tutte le domande archetipiche, anche quella di Giuda echeggia in tante altre occasioni grandi o piccole, tragiche o banali. È la stessa domanda, per esempio, con cui si tormenta Oskar Schindler alla fine del film di Steven Spielberg: quante vite in più avrei potuto salvare se avessi venduto l’automobile, o la spilla d’oro? Dieci, dodici? Ed è anche – in scala 1:10.000, da cartina geografica – la domanda con cui tieni sotto ricatto la tua vita di lettrice. Quanti schemi di fonetica rumena in più avrei potuto studiare se non avessi dilapidato quel tesoretto di ore con Curzio Malaparte? E i fabliaux medievali? Ahi, quanti fabliaux, se solo avessi saputo rinunciare al lusso di un romanzo ottocentesco di amore e di adulterio o addirittura – abominio! – di un giallo dalla copertina sgargiante trovato in una casa di villeggiatura…

Ti darò il numero di un esorcista di pronto intervento che possa liberarti dal più terribile dei demoni, più terribile ancora del babilonese Pazuzu: parlo del demone del Diplomato in Ragioneria. Chi cede alla tentazione maligna di condurre la propria vita, foss’anche solo la vita letteraria, in base alla disciplina della partita doppia, calcolando minuziosamente entrate e uscite, profitti e perdite, crediti e debiti, ha una sola certezza: il giorno della resa dei conti con la morte il registratore di cassa emetterà uno scontrino, e questo scontrino sarà a receipt for deceit, una ricevuta per l’inganno, come dice T.S. Eliot in uno dei Quattro quartetti.

Perciò, ogni volta che t’imbatti in un’epifania letteraria, preparale un banchetto, festeggiala con tutti gli onori e vuota l’armadietto degli unguenti fino all’ultima goccia. I compiti per casa li avrai sempre con te, la bellezza non l’avrai sempre.

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