09 dicembre 2019 15:15

Gentile bibliopatologo,
scrivo questa lettera ormai in preda alla disperazione. Ho passato la vita intera a leggere un po’ tutte le sere prima di dormire, che fossero tre righe o cento pagine, in un flusso che poteva portarmi dal crollare di sonno con il libro sulla faccia all’addormentarmi dopo ore di febbrile lettura. Con terrore da settembre, in seguito al ritorno da un lungo viaggio in Sudamerica, non riesco più a leggere nulla. Ho provato e riprovato, ho cominciato testi e autori di versi, ma nulla. Ci sarà un rimedio che mi possa salvare da questo baratro?

–Silvia L.

Cara Silvia,
conosci la regola delle cinque w dei manuali di giornalismo, le cinque informazioni che non possono mancare nel primo paragrafo di un buon articolo – who, what, when, where, why? Ecco, fossi in te farei meno caso al who (quali autori leggere) e al what (che tipo di libri scegliere) e mi concentrerei senz’altro sul where (nel letto) e sul when (prima di addormentarti) per risalire infine al why. L’accompagnamento al sonno, infatti, non è un momento qualunque del giorno, e non è un caso che in quello spazio liminale prendano forma i rituali più strani.

Dtp/Getty Images

Sigmund Freud racconta il caso di una nevrotica ossessiva che per addormentarsi doveva disporre il cuscino superiore alla maniera di una losanga sopra gli altri cuscini, e poi poggiare la testa al centro della composizione. La losanga secondo Freud rappresentava – indovina un po’? – l’organo genitale femminile, e la testa della paziente ai suoi occhi era lampantemente un simbolo fallico. Sarà. Io ci vedevo piuttosto una madonnina gotica nella sua mandorla. Del resto, l’attraversamento della soglia tra la veglia e il sonno è anche il momento delle preghiere, degli scongiuri, dei rituali purificatori che ci liberano dalle incrostazioni residuali del giorno.

Quando eravamo piccoli era un culto amministrato dalla mamma, che conosceva il rosario incantatorio delle ninne nanne e i libri liturgici delle fiabe. Poi è toccato a noi, e ognuno ha trovato il modo più congeniale per autoipnotizzarsi e cadere in trance – chi la preghiera, chi la masturbazione, chi l’elencazione minuziosa delle cose da fare l’indomani, chi la conta delle pecore, chi la suscitazione di immagini ipnagogiche concilianti, chi l’ascolto della radio, chi la lettura.

Prova a spostare l’attenzione su questo: la lettura, per te, non funziona più come rituale del sonno. Forse il problema non sono i romanzieri né i loro romanzi, ma il luogo e l’ora in cui dai loro appuntamento. Perché? Cos’è successo in Sudamerica? Questa, mia cara Silvia, è la quinta w. Ma solo tu puoi trovare la risposta. È la tua occasione per debuttare nel giornalismo investigativo. Comincia a pensarci, magari prima di addormentarti.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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